Categorie: Personale

La scuola non avrà gli 80 euro

È vuoto l’uovo di Renzi per la Scuola. Le detrazioni si fermano al reddito di 26.000 euro lordi l’anno: così solo i collaboratori scolastici a stipendio base sotto i 1.200 euro, godranno del ‘benefit’ del Governo. Saranno esclusi persino i loro colleghi, quelli in servizio da più di 10 anni, che si vedranno raggiungere dai neo-assunti perché invece il loro salario resterà uguale. Come tutti gli altri ata: aiutanti tecnici, applicati di segreteria e direttori dei servizi. E con loro l’intera platea dei docenti, dalla Primaria alla Scuola Superiore. Tolti i precari (non docenti) con salari sotto i 1.200 euro netti, gli ‘aumenti’ di Renzi rimettono in luce un’Italia fiscale ‘virtuale’. Basti pensare che in questo Paese il proprietario di una farmacia dichiara in media 17.000 euro lordi l’anno ed un dentista o un avvocato 19.000 (fonte Istat). Il lavoro dipendente invece è trasparente. Anche se siamo i peggio retribuiti del Continente, ecco il ‘miracolo’: nella scuola l’imponibile medio è di 30/33.000 euro lordi
L’equità sociale si potrebbe perseguire ‘osando’ toccare (e in modo consistente) i 150 miliardi di evasione fiscale, i 24 di spesa ancora prevista per l’acquisto degli F35, nonché gestendo in modo adeguato gli 80 miliardi di beni confiscati alle mafie, ‘congelati’ come i nostri scatti di anzianità. Poi facendo tornare al mittente – almeno per il 50% anziché per il 10% – almeno la rendita dei 41 miliardi elargiti all’1% alle banche ed agli speculatori finanziari (motori della crisi), nonché i 4 introitati con l’Imu, elargiti al solo Monte dei Paschi di Siena. L’operazione anti-casta deve essere credibile: vediamo ancora governatori di regione che guadagnano più di Obama, deputati nazionali e regionali, nonché uscieri della Camera e del Senato (!), più ricchi di qualsiasi deputato europeo. Vanno vendute le 200.000 auto blu residue nelle pubbliche amministrazioni a livello decentrato, ben oltre il taglio previsto per i soli ministeri.
In quanto agli indegni piagnistei dei boiardi di stato, rammentiamo loro che al mondo della scuola è stato imposto dal 1993 (col Dl.vo n. 29) un tetto agli stipendi, quello sì, davvero inaccettabile. Sono vietati per legge aumenti superiori all’inflazione programmata dalla parte datoriale pubblica (che, in pieno conflitto d’interessi, è il Ministro dell’Economia). Per questo, col passaggio dalla lira all’euro, avemmo un rinnovo del 2% a fronte del dato Istat al 6% e di un aumento dei prezzi al consumo pari al 50%. Per questo, dal 1995 (quando da biennali gli scatti divennero gradoni di 6 e 7 anni) ci siamo ‘autofinanziati’ tutti i contratti, senza i quali, se avessimo conservato anche solo gli scatti precedenti, avremmo uno stipendio ben più alto, ed abbiamo avuto ‘aumenti’ sempre sotto l’inflazione dichiarata (dato Istat) e reale (incremento vero del costo della vita) e non potremo mai neppure avvicinarci alla media retributiva europea, ove siamo (stando ai costi standard) all’ultimo posto, persino sotto Grecia e Portogallo.
 La Scuola è divenuta la ‘Cenerentola’ nel calderone indistinto del pubblico impiego, ove la laurea, quando è titolo d’ingresso, frutta uno stipendio iniziale di almeno 1.550 euro, non di 1.300. O si esce dal pubblico impiego e dal campo di vigenza del DL.vo 29/1993, o risulta persino ridicolo parlare di stipendi (…europei). Lo imparino finalmente anche i magistrati (tenuti fuori anche loro da quel Dl.vo  n.29/93 che ha deviato la spesa pubblica su ‘managers’ responsabili dello sfascio, ‘consulenti’ e raccoglitori di tangenti), così forse seguiranno con più interesse i contenziosi sindacali, rinviando magari alla Consulta le cause che da anni denunciano l’anticostituzionalità di norme che, volute in primis dalle burocrazie confederali, hanno di fatto abolito la contrattazione. Esattamente come le regole democratiche sulla rappresentanza sindacale, avocata in regime di monopolio ai sindacati di stato grazie all’eliminazione delle elezioni per il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e per i Consigli Scolastici Provinciali, nelle quali i lavoratori potevano votare su liste nazionali e locali, abolite dal 1997 e sostituite da consultazioni-farsa scuola per scuola, ove ci si può esprimere solo a favore delle sigle presenti, senza che al sindacalismo di base sia data la possibilità di entrare nelle scuole a cercare candidati e sottoscrittori. Quando questi, nonostante tutto, vengono trovati, non possiamo neppure presentare il nostro programma elettorale perché ci si vieta persino di tenere assemblee in orario di servizio.
Ai sindacati tradizionali, ‘pronta-firma’, ricordiamo che sono stati complici di tutti i governi in quest’operazione di distruzione delle retribuzioni. Loro non si lamentano degli 80 euro che non arriveranno. Che titolo avrebbero? Hanno sottoscritto per un trentennio contratti ridicoli, dandocene anche solo 8 di ‘aumento’! Ecco perché oggi non spiegano la sostanza della manovra.
 Così come non spiegano che gli scatti d’anzianità sono vietati dal Dl.vo n. 29/93, da loro concordato all’epoca con il Governo Amato (oggi super-pensionato di lusso) negli accordi sul costo del lavoro. Denunciamo quindi che il congelamento, la manfrina della parziale restituzione con la truffa della presa dal mucchio del fondo di istituto, oggi così ridotto da impedire la retribuzione degli straordinari del personale Ata e delle ore dei progetti dei docenti, vengono da lontano ed hanno origini sulle quali tutti tacciono. La verità che nessuno dice è che nelle leggi finanziarie, da molti anni, non si possono stanziare fondi per gli scatti.
Ma Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda sono complici anche oggi, col loro silenzio, rispetto al programma del Ministro Giannini. 
Costei intende: 
1) eliminare la libertà d’insegnamento e d’apprendimento tramite ‘valutazioni’ discrezionali d’autorità da parte dei dirigenti, collegate ai risultati dei vergognosi test Invalsi; 
2) superare anche per contratto gli scatti d’anzianità; 
3) realizzare l’unico punto ‘inevaso’ del programma della Loggia P2, eliminando il valore legale del titolo di studio, così che un laureato possa venire retribuito come se non avesse neppure la licenza elementare; 
4) eliminare gli organi collegiali, trasformare le scuole in fondazioni e farle gestire da consigli di amministrazione presieduti dal ‘dirigente’ e non più da un genitore; 
5) assumere il personale per chiamata diretta e discrezionale come nelle scuole private; 
6) ridurre i Licei a 4 anni, continuando nell’opera di demolizione sistematica dei saperi e della qualità dell’istruzione (taglio delle ore di storia, geografia, lettere, Liceo Scientifico senza il latino…).
Per le ragioni su addotte, ed in analogia con il comparto Università, l’Unicobas vuole un contratto scuola specifico fuori dall’area del pubblico impiego (dove non è prevista certo la ‘libertà di impiegamento’ e non esistono le responsabilità penali che gravano su chi a che fare con minori) e l’istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza (con diramazioni provinciali), adibito a garantire, così come per la Magistratura, l’autonomia e la terzietà della Scuola pubblica. Per tutta la scuola, docenti ed ata, dal momento che anche un collaboratore scolastico ha competenze di vigilanza che un usciere del ministero non ha, dal momento che pure gli aiutanti tecnici hanno competenze di coadiuzione educativa e gli amministrativi firmano bilanci di milioni che ovunque (anche nel sistema privato) darebbero luogo a retribuzioni ben più alte.
 
28 APRILE 2014: Sciopero generale scuola no Giannini, con manifestazione nazionale a Roma in viale Trastevere davanti al Ministero dell’Istruzione (h. 9.30)
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