Riceviamo e volentieri pubblichiamo la seguente riflessione di Giovanna Lo Presti, portavoce CUB SUR.
Due notizie in questi giorni hanno riportato l’attenzione su quanto accade all’interno degli edifici scolastici.
La prima riguarda il professore minacciato da un suo studente con una pistola. Era un giocattolo, per fortuna; nonostante l’accelerazione che molti vogliono imprimere e che ci dovrebbe portare ad emulare il Paese che esporta la democrazia nel mondo (con le armi) siamo ancora lontani dalle drammatiche stragi che periodicamente avvengono nelle scuole americane.
Ciò non toglie che lo “scherzo” non solo sia stato accolto dalle risatine di tutti gli altri studenti me che, come al solito, un regista in erba abbia ripreso la bravata per vomitarla subito dopo su Youtube.
La seconda notizia concerne invece un fatto accaduto tempo fa, ma venuto a compimento adesso: una maestra ha ricevuto una condanna a 1 mese e 20 giorni di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale e della non menzione, dopo 4 (quattro) anni di processo.
Va da sé che essendo “colpevole” dovrà pagarsi avvocati e spese processuali. La poveretta avrebbe fatto “abuso di mezzi di correzione” sgridando un gruppo di ragazzini, uno dei quali particolarmente “creativo” che aveva deciso di decorare con i propri (o altrui) escrementi le pareti davvero troppo spoglie dei bagni della scuola.
Ecco due casi di cui non ci interessa conoscere i particolari: i due insegnanti in questione avrebbero potuto essere i peggiori possibili (pensiamo che non lo siano) ma questi episodi vanno analizzati e giudicati nella loro nuda struttura. Nel secondo episodio emerge non soltanto un narcisismo preoccupante dei genitori, come ben messo in rilievo da Massimo Gramellini ma un importante fattore che lo accomuna al primo: ci troviamo di fronte alla crisi profonda di quello che due psicoanalisti, Benasayag e Schmit, hanno descritto come “principio di anteriorità”, fortemente connesso, naturalmente, al principio di autorità.
“Se l’anteriore rappresenta l’autorità, non è perché l’adulto sia dotato di una qualità personale particolare, ma perché incarna la possibilità di trasmissione di una cultura: se questo è stato, se ciò che viviamo è, allora sarà anche nel futuro”. Questo passaggio, tratto dal bel saggio.
L’epoca delle passioni tristi dovrebbe far riflettere tutti gli adulti, siano essi genitori, educatori o soltanto persone non più giovanissime. La regressione segnata dai tre comportamenti che abbiamo segnalato – minacciare un professore con una pistola-giocattolo, riprendere la scena e renderla pubblica, imbrattare le pareti della scuola con escrementi- ci chiama in causa. La risposta non è lo scandalo né lo stigmatizzare il comportamento di altri adulti, genitori o giudici che siano, singolarmente indulgenti verso quelle che forse s ritengono semplici marachelle.
La prima risposta, emotiva, è la forte preoccupazione verso una crisi che vede esplodere ogni modello educativo e a cui né i genitori né la scuola sanno dare risposte soddisfacenti, gli uni cavandosela con i mezzi propri (spesso insufficiente) l’altra fornendo risposte burocratico-istituzionali di cui sono un esempio le strampalate “metodologie didattiche” che nascono come funghi e la cui inutilità, rispetto ai problemi di cui stiamo parlando, è palese.
La seconda risposta, razionale, è farsi carico della disintossicazione mentale di bambini e ragazzi, il cui immaginario è stato precocemente colonizzato da ogni sorta di messaggi, prevalentemente visivi, del tutto inadatti alla loro età.
Varrebbe la pena di prendere sul serio la preoccupazione del neurobiologo Manfred Spitzer, che parla, senza mezzi termini ma in modo argomentato, di “demenza digitale”: “Usare continuamente computer o smartphone ostacola lo sviluppo o il mantenimento di capacità come la memoria, l’autocontrollo, la concentrazione, la socialità, che possono rafforzarsi solo interagendo con il mondo reale”.
Cosa fa invece chi amministra la scuola? Dedica i fondi del PNRR soprattutto alla digitalizzazione, odia ed ama la didattica a distanza e poi, per bocca del suo Ministro, si dichiara “affettuosa”.
Sarebbe questo l’Eden di cui la pandemia ci ha (quasi) privato per due anni ed in cui la solidarietà porta la tigre a convivere con l’agnello? E non si dica, per favore, che i casi di cronaca di cui abbiamo parlato sono estremi. C’è un’ordinaria amministrazione della scuola che, nonostante gli sforzi di molti educatori, non riesce a scalfire la potente influenza di un mondo esterno che fornisce a bambini e ragazzi i veri modelli cui ispirarsi e che in ogni modo stimola il conformismo non riflessivo, che è l’esatto contrario della “mentalità critica”, sempre tirata in ballo quando si parla di scuola ma inesistente, nel recinto scolastico, quanto l’Araba Fenice.