Sto seguendo, come in tanti, la forte presa di posizione della preside Veladiano, la quale pone un problema serio, che spero venga subito risolto col nuovo concorso già dal prossimo anno. E, vedendo la situazione, che si faccia poi, da subito, un nuovo concorso, vista l’età media dei presidi.
Lo ripeto sempre: la scuola non è solo organizzazione, gestione burocratica, ma un mondo fatto anzitutto di relazioni. Con responsabilità precise, non delegabili. Sempre se si vogliono fare bene le cose. In modo, dunque, collaborativo, aperto, coinvolgente.
Non sono esperto di ricorsi ed altro, per cui non so dire niente sull’aspetto giuridico.
Essendo, però, al sesto anno di reggenza, pur avendo da nove anni la responsabilità del mio Liceo Brocchi, cioè la scuola più grande del Veneto ed una delle più grandi d’Italia, credo però sia doveroso e giusto dire qualcosa.
Lo ripeto, le reggenze possono e devono essere accettate solo come emergenze del momento, ma non più. Per questo motivo avevo proposto il ritorno straordinario agli incarichi di presidenza, perché ci sono tanti vicepresidi e collaboratori che conoscono bene la scuola e possono supplire le stesse emergenze. Come avevo proposto il ritorno alla distinzione tra scuole del primo ciclo e scuole del secondo del secondo ciclo.
L’altra questione è quella dei dimensionamenti delle scuole, perché ci sono scuole grandi e scuole piccole, con diverse complessità, e la divisione delle tre fasce, con piccola differenza di stipendio di 100 euro circa tra una e l’altra (si va dai 2300 euro circa di stipendio dei presidi delle scuole piccole ai 2650 di quelle più grandi), mentre una reggenza viene compensata con 350 euro netti circa al mese: per cui ci vorrebbe una parola chiara dal governo, per garantire vivibilità, equità, sostenibilità.
Mentre sembra che la scuola non sia tra le priorità già da diversi anni, in termini di capacità di innovazione e risposta alle nuove domande formative, al di là delle strutture, pure importanti, al di là dei vaccini, al di là del mito del digitale, al di là dell’eterna difficoltà di inizio anno scolastico col via vai dei supplenti.
Il fatto quindi delle reggenze è una delle punte di iceberg di queste difficoltà, che lascia intendere, questa in particolare, che i presidi, quasi quasi, sono insignificanti, che basta poco per coordinare, per orientare, per tenere la barra di una scuola.
Questa è la cosa grave.
Ma il tutto nasce dal fatto che chi governa il sistema-scuola non conosce il mondo della scuola. Altrimenti avremmo dal primo di settembre tutto il personale già a disposizione, ecc. ecc..
Per queste ragioni, come nel nord-Europa, io auspico la regionalizzazione della gestione delle scuole, secondo linee di indirizzo e standard nazionali, con un sistema di valutazione “terzo” rispetto alle scuole ma rispetto anche al ministero.
Basterebbe fare come il Trentino.
Infine, a livello personale, credo che chi ama e lavora nella e per la scuola non debba sempre dire di no alle difficoltà che incontra ogni giorno. Perché sappiamo che abbiamo di fronte i nostri ragazzi, le loro famiglie ed il nostro tessuto sociale. Ho accettato in questi anni le reggenze, come possono testimoniare tutti, per loro, e solo per loro. Nonostante tutto e tutti.
Per questo motivo, sono già sei anni che mi accollo una seconda scuola, pure avendo la responsabilità dell’istituto più grande del Veneto. E non trovo giusto che, di fronte ad una emergenza, vi siano coloro che dicono dei “no” preventivi.
E’ quella flessibilità, che deve restare eccezione rispetto ad una normalità con ogni preside per ogni istituto, che è necessaria oggi in tutto il mondo del lavoro, anche nel nostro, se vogliamo corrispondere alle continue complessità.
Per cui le eccezioni, al di là degli aspetti formali e legali, devono essere messe in conto, perché fanno parte del nostro vivere quotidiano.
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