C’è chi pensa davvero che la scuola possa educare con l'”orientamento”, l'”educazione civica”, con le prediche ipocrite e moralistiche nel vuoto, tutte formalismo e burocrazia. D’altra parte, se per rendere migliori gli esseri umani fosse sufficiente dire loro direttamente cosa fare, ad esempio “fate i bravi”, “siate solidali”, “siate inclusivi” (mentre in scuole che si riempiono di visori per il metaverso mancano i corsi L2 per gli studenti stranieri e veri sportelli psicologici), avremmo già creato l’uomo perfetto.
I percorsi di crescita umana e culturale sono tutt’altra cosa, e richiedono quello che i predicatori delle “competenze” vogliono far scomparire dall’orizzonte, cioè i tempi lunghi necessari alla stratificazione delle conoscenze (a partire da una vera e profonda alfabetizzazione), delle idee, delle esperienze, delle relazioni. Solo questo tempo lungo in cui l’essere umano scopre la complessità del reale e sperimenta la ricchezza e la varietà dei rapporti umani può rendere le persone davvero migliori.
Speriamo che, dopo gli anni difficili che abbiamo vissuto, il punto d’arrivo dei percorsi di studio torni a riempirsi di senso, nonostante gli impedimenti non sempre contingenti: significherebbe che la scuola assolve ai suoi compiti costituzionali, quelli cioè di dare istruzione a tutti i futuri cittadini e attraverso l’istruzione favorirne l’emancipazione. Buoni esami a tutti.
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