Sicuramente una provocazione ma che evidenzia lo stato della scuola italiana che lascia per strada una media nazionale di 17,6 per cento dei ragazzi, contro il 12,7 per cento di quella europea, e la cui spesa per l’istruzione è fra le più basse rispetto all’Unione, al quintultimo posto, seguita solo da Grecia, Romania, Slovacchia e Bulgaria.
La scuola più che a servire a qualcosa, dovrebbe tornare a essere “terra da coltivare, dice l’autore, e di cui è urgente e necessario aver cura” per evitare quello sensazione di “separati in casa” che molto spesso caratterizza il rapporto tra insegnanti e studenti.
Il libro raccoglie episodi che l’autore ha vissuto a contatto con professori e ragazzi, le loro paure, insoddisfazioni e speranze con il futuro, i contributi, tra gli altri, di Massimo Recalcati e Marco Lodoli e, in appendice, alcuni numeri sulla scuola e una cronologia delle tante riforme che hanno interessato l’istituzione scolastica dal 1977 ad oggi.
Il punto centrale è “ricordarsi del contadino metaforico che coltiva di nascosto dentro l’etimologia della parola cultura e che dentro la scuola dovrebbe trovare terra fertile”.