La scuola non si ferma e allora via con il digitale (per carità utilissimo): classi virtuali, volti e voci un po’ così, e distanza… apri il microfono, chiudi il microfono, ti vediamo, sì ti vediamo.
Io non ho voglia di assegnare compiti e credetemi non sono un fannullone, vorrei poter raggiungere i miei ragazzi con poesie, letture impossibili costretti all’orario settimanale, musiche, quadri, ricette di cucina, piccole lezioni di bricolage, giardinaggio, passeggiate solitarie nei parchi, meditazione, silenzio.
Imparare a non riempire il tempo, ma a mettersi in ascolto di se stessi, perdendo tempo, assaporando le piccole cose, annoiandosi anche, sì la noia necessaria.
Invaderli di bellezza. Sentire con struggente dolcezza il bello dello stare insieme, “la carezza” dell’ incontro. Quel che manca.
Troviamo la bussola delle nostre emozioni e mettiamoci in ascolto. Facciamo silenzio. E impariamo la cura. Cura di sé, degli altri, del mondo. Attenzione! Della democrazia per le politiche di benessere. Essere nutriti e stare bene insieme. Un curiamoci insieme con i libri.
N.B.: la tecnologia è bellissima, ma porta con sé patologie nuove, mal di schiena, mal di testa, disturbi del sonno, abuso di alcool … avrei voluto che la scuola, luogo dei libri, avesse consigliato letture contro il delirio dell’ignoranza e parole per abitare il silenzio.
Rosaria Scaraia
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