I dati sempre più allarmanti dell’abbandono scolastico dei ragazzi, denunciano l’evidenza di una scuola incapace di accompagnarli nella loro crescita. Ad una scuola “antica”, salvo rare eccezioni, ammalata di
didattica frontale, spenta nell’entusiasmo di apprendere, si aggiunge una scuola colonizzata dall’ottica del disturbo, dove non c’è spazio né tempo per imparare ad imparare.
La prevenzione si chiama pedagogia, ma la pedagogia a scuola come nella società è stata sostituita dall’approccio psicologico. In una scuola colonizzata dall’ottica del disturbo che posto c’è per apprendere-imparare?
Le naturali difficoltà di apprendimento si trasformano in “disagio” che non è più preso incarico dall’ambiente classe ma, ai suoi primi “sintomi”, viene delegato a presunti esperti, che addossano al singolo studente la
responsabilità del suo insuccesso scolastico, e quest’ultimi, per salvare la loro dignità e non sentirsi etichettati come Dsa/Ahd/Bes… sono costretti all’abbandono. Oggi trasformare l’ambiente, il clima della classe non e solo una questione didattica, non è una questione psicologica, ma e affare educativo pedagogico più generale…
Al ministro Carrozza diciamo che non sono solo i soldi a fare la differenza, ma un rinnovato approccio educativo, riportando a scuola la pedagogia e rinunciando alla facile logica patologizzante ed esclusiva. È la scuola che deve andare verso i ragazzi, padroneggiano i nuovi strumenti di comunicazione dei ragazzi, comprendendone le esigenze e rispondendo ai loro bisogni formativi. Occorre agire subito e lo ribadiamo, non solo sull’emergenza, ma soprattutto sul “fare” scuola, attiva, aperta tutto il giorno, coinvolgente e al passo del linguaggio dei ragazzi.