Programmi scolastici vecchi, scarsamente collegati con la realtà e prodotti da docenti poco motivati: a pensarla così sarebbero quasi la metà di coloro che hanno partecipato all’indagine che ha prodotto il Report ‘Fragilitalia’ dell’area studi di Legacoop-Ipsos dedicato al sistema scolastico. Con quattro partecipanti su dieci all’indagine che avrebbero pure puntato il dito sui docenti, considerati in media poco preparati e quindi non adatti al ruolo che svolgono da dietro la cattedra.
Con questi presupposti, dallo studio statistico non poteva che scaturire una valutazione media complessiva del sistema scolastico italiano appena poco superiore alla sufficienza (voto 6,3).
“Le principali carenze della scuola – si legge nella sintesi del Report da noi pubblicata – vengono riscontrate nei programmi di studio obsoleti e troppo teorici (48%, con una punta del 52% nel Nord Est), nella scarsa motivazione dei docenti (45%, con 5 punti in meno), nell’edilizia scolastica (44%, 3 punti in meno), nelle dotazioni tecnologiche inadeguate (38%, che registrano il calo più marcato di valutazioni critiche, pari a 12 punti percentuali). Un dato in controtendenza è invece quello della scarsa preparazione dei docenti, che si colloca al 39%, in aumento di 3 punti rispetto alla rilevazione precedente”, mettendo quindi in discussione le modalità di reclutamento degli insegnanti in Italia.
Ma perché così tanta severità verso il sistema scuola? La risposta sta tutta nelle parole pronunciate dal presidente di Legacoop Simone Gamberini, secondo il quale “per esprimere al meglio il proprio diritto di cittadinanza è importante che ognuno possa sviluppare competenze che consentano di lavorare in modo che siano al contempo rispettate esigenze personali, sia sotto il profilo economico che umano, e che siano adeguate alla società nel suo insieme”.
La scuola, quindi, almeno secondo questa “visione”, viene considerata una sorta di “palestra” dove prepararsi e farsi i muscoli per entrare nel mondo del lavoro e della produzione. Con gli insegnanti che operano per raggiungere questo obiettivo.
Una concezione, quella di Legacoop, che appare vicina alle convinzioni del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, in particolare quando sostiene che “la scuola deve porre al centro il futuro dei giovani nel mondo del lavoro: deve aprirsi – ha detto Valditara – alle opportunità offerte dal territorio e alla domanda delle aziende, anche attraverso l’insegnamento di esperti, tecnici e professionisti provenienti dal mondo imprenditoriale”.
Da questo presupposto – dal desiderio di preparare in funzione di quello che si farà “da grandi” – deriva dunque l’esigenza di andare a rivedere i programmi proposti a scuola (anche se da decenni sarebbe meglio parlare di “linee guida”), della necessità di svecchiarli, per ancorarli più alle esigenze del mercato lavorativo.
Francamente, la posizione risulta assai lontana da chi intende la scuola, invece, come fase preparatoria alla determinazione del pensiero critico, che guarda prima di tutto alla formazione morale, valoriale e culturale della persona, che crescendo sarà in grado di comprendere la realtà che lo circonda e di affrontarla al meglio ogni volta.
La differenza tra un adulto all’altezza solo in determinate circostanze (quelle per le quali ha acquisito competenze e conoscenze peculiari) e un adulto preparato a vivere il mondo, che sa di volta in volta esprimere al meglio la cosiddetta “resilienza” di fronte a quanto la vita gli mette davanti, sta tutta lì. Ognuno tragga le sue conclusioni.
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