La scuola, come abbiamo visto ieri alla ripresa, si mostra fortemente impreparata.
Oltre che per il Covid 19, essa è impreparata in sé, solo ora scontiamo i ritardi di anni e anni non solo di disinvestimenti ma di tanta polvere tenuta nascosta sotto il tappeto con leggi ampiamente fallite come l’autonomia, la dirigenza scolastica, i tagli di personale, la razionalizzazione della rete scolastica, l’extra progettuale.
Con l’asservimento dei docenti, essi hanno perduto la loro autonomia, sono stati ridotti ormai a meri esecutori passivi e indifferenti di una didattica di Stato sotto il rigido controllo dei DS, impiegati della trasmissione delle competenze, che alla fine rendicontano.
Alla programmazione hanno sostituito la compilazione di format preconfezionati e i docenti sono controllati in ogni fase della didattica soprattutto nella valutazione.
L’ imperativo categorico alla fine dell’anno di questa scuola è la promozione generalizzata, perché un alunno costa tenerlo a scuola un anno in più.
Così ora abbiamo una dispersione diversa, una presenza passiva alla fine certificata con un diploma che attesta la povertà educativa che presto si trasformerà in analfabetismo di ritorno.
Ora le contraddizioni vengono finalmente al pettine, i DS urlano nei collegi, se solo minimamente contraddetti, in preda ad una crisi di nervi per le responsabilità che incombono sulla loro testa e che ora per i rigidi protocolli anti Covid sentono ancor di più.
Se si perde l’occasione di una situazione di crisi per cambiare la scuola, si spreca una condizione irripetibile. Non vorremmo però che ancora una volta il cambiamento fosse quello descritto da Tancredi al principe zio nel Gattopardo.
Si ricordi che dalle crisi spesso viene il cambiamento ma potrebbe anche non cambiare nulla e si potrebbero ristabilire i vecchi equilibri anzi ci potrebbe essere un arretramento con la diffusione della DID in periodo post covid. Del resto per molti è più comodo insegnare da casa.
Oggi il re è nudo e il far finta di non vederlo come tale è da ciechi, la scuola, dopo questi ultimi venti anni di riforme e tagli scriteriati è uscita in agonia, ora che ci sono i fondi del Recovery Fund e non cambiarla con una buona spesa, citando Mario Draghi, sarebbe un delitto per l’avvenire del nostro Paese.
Vogliamo una scuola seria, con insegnanti preparati e selezionati con concorsi, democratica, che sia un ascensore sociale, che non lasci indietro nessuno, ma al contempo esalti le eccellenze, che assicuri la libertà di insegnamento e il pluralismo nelle scelte metodologiche, non la scuola digitale ad una dimensione quella che con la scusa del Covid 19 ci stanno proponendo e propinando, una scuola che si fa arida e ripetitiva istruzione- addestramento on line e non critica e feconda relazione sociale ed educativa indispensabile per apprendimenti significativi e per la crescita umana e sociale dell’individuo.
Scuola Bene Comune
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