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La scuola on demand, o meglio la fine della scuola

Non si stancano mai di ripeterlo Umberto Galimberti, Paolo Crepet, Raffaele Morelli che i genitori devono stare fuori dalla scuola perché sono solo di intralcio all’attività dei docenti. Ma cosa sanno i genitori della scuola se loro in classe non ci stanno, ma ci sono soltanto alunni e insegnanti. E basta. I genitori creano ulteriore disturbo alla normale attività didattica volendo assumere un pretestuoso ruolo di essere sindacalisti dei figli e di sostituirsi in toto al lavoro dei docenti per poi sbeffeggiarli, deriderli e oltraggiarli sui social.

Ormai i genitori hanno delegato tutto alla scuola e quest’ultima è diventato un vero e proprio “parcheggio” per i figli. La scuola deve educare, deve sostenere, deve aiutare a crescere, deve formare i nuovi cittadini. Insomma la scuola deve fare tutto, deve sopperire alle mancanze della famiglia e i docenti non devono più insegnare, bensì fare i tuttologi: essere contemporaneamente insegnanti, psicologi, psicoterapeuti, infermieri, giocolieri e chi più ne ha più ne metta.

Ormai i figli non vengono quasi più seguiti dai genitori nello svolgimento dei compiti (perché li ritengono una cosa noiosa che sottrae tempo prezioso), ma spesso lasciati al loro destino senza punti di riferimento. Stiamo parlando di un nuovo modello di scuola, ossia la “scuola on demand”. Questo nuovo modello di istruzione si è particolarmente diffuso dopo la pandemia, ma le prime avvisaglie si erano viste da qualche tempo.

Spesso si vedono genitori che accompagnano i propri figli alla seconda, terza ora della giornata, che vengono a prenderseli a qualsiasi ora di lezione, che avanzano le pretese più assurde e singolari, che giustificano le assenze di molti mesi (quando fa comodo) senza avere un minimo rispetto verso il corpo docente e la stessa istituzione scolastica. La “scuola on demand” avanza.

Mario Bocola

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