Docenti, alunni e famiglie sono pronti al salto nel digitale a seguito della complessa situazione in cui il Covid-19 ha gettato la scuola italiana?
Intanto i dati Istat 2018 dicono che una famiglia italiana su quattro non dispone di accesso alla banda larga da casa, mentre il gap tra il Trentino (la regione in testa alla classifica) e il Molise (in ultima posizione) è di ben 15 punti in termini di copertura.
Linkiesta riporta a questo proposito le parole della fondatrice di una piattaforma di educazione online: «L’Italia ha oggettivamente una situazione molto differenziata. Molte famiglie se non tutte hanno disposizione dei devices, ma in poche sanno usarli nel modo corretto. C’è un problema nella competenza e nella comprensione del mondo digitale. Questo è dovuto anche dall’età dei docenti e di molti genitori. Sono ospiti in questo secolo così digitalizzato, e rimanendo così indietro risulta difficile compiere una trasformazione radicale dopo lo shock che stiamo vivendo».
Il ritardo italiano in confronto agli altri paesi europei è dovuto anche dall’affanno dei docenti: solo il 47 per cento degli insegnati, secondo il report Educare digitale di Agcom del 2019 tracciato su dati Miur, afferma di utilizzare quotidianamente nelle proprie attività formative le tecnologie.
Tuttavia, fa notare Linkiesta, se si incrociano con i dati che riguardano la disponibilità di una banda decente nelle strutture, si evidenza che solo il 9 per cento delle suole primarie, l’11,2 per cento delle secondarie di primo grado e il 23 per cento delle scuole superiori ha disponibilità di banda internet di qualità. E ancora: solo l’8.6 per cento dei docenti, secondo Agcom, utilizza la Rete per gestire piattaforme di apprendimento interattivo. «Il digital stesso divide anche all’interno del corpo insegnanti. Se un direttore scolastico è contrario alla formazione da remoto cosa succede agli studenti della sua scuola?»
E a questo si aggiunge le differenze socio-economiche che emergono nel paese: solo il 16 per cento delle famiglie senza titolo di studio, sulla base dei dati Istat, ha un accesso a banda larga fissa o mobile, contro il 95 per cento delle famiglie di laureati. Un lato positivo vede però, dove ci sono minori, la possibilità di connessione mobile a percentuali molto alte, circa il 95 per cento.
E allora con il decreto “Cura Italia”, i 10 milioni di euro stanziati per consentire alle istituzioni scolastiche statali di dotarsi immediatamente di piattaforme e di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza, o di potenziare quelli già in dotazione; i 70 milioni di euro per mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali così da fruire le piattaforme e per l’accesso alla rete e i 5 milioni di euro per formare il personale scolastico sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza, saranno sufficienti?
Forse sì, ma, oltre a trattarsi di una dozzina di euro a studente, bisogna capire quando tutto questo verrà fatto: adesso o fra alcuni mesi? “Il Miur soffre sistematicamente di una mancanza di strategia, che adesso potrebbe rivelarsi fatale”.
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