La scuola pubblica italiana e l’esempio Usa

E poi continuava: “E’ lì che sono già avanti nella destrutturazione della scuola pubblica E’ lì dove le eccellenze provengono da scuole private che costano anche 40 mila dollari l’anno, a fronte di una scuola pubblica (che serve 50 milioni di alunni) assolutamente dequalificata (insegnanti privi di titoli specifici, mancanza di essi, classi superaffollate, mancanza di fondi, diversità di curricoli da Stato a Stato, da scuola a scuola, discipline assenti dai curricoli, disomogeneità nel richiedere un esame finale, meno del 3% degli alunni con una preparazione che permetta di accedere all’Università e comunque di resistere per più di due anni, assenteismo, abbandoni, metal detector, apartheid di fatto, …) ed individuata, senza soluzioni però, come emergenza nazionale già da Clinton. Ma gli imprenditori americani vogliono di più. Non contenti degli “cheques education” [buoni scuola] che proprio da quell’anno avevano iniziato a togliere fondi alla scuola pubblica per indirizzarli alla privata, sulla spinta suggerita da Lehman Brothers (1996) di iniziare ad investire nel settore molto promettente della scuola (oltre che nella sanità), si riuniscono a Nashville (1997) per delineare una strategia di intervento che prevede intanto un “accordo sulle misure suscettibili di rendere l’industria scolastica redditizia: ridurre il numero degli insegnanti aumentando il numero degli alunni per classe; ridurre la massa salariale degli insegnanti arruolando un maggior numero di giovani e di non abilitati; ridurre o sopprimere gli organismi che rilasciano diplomi di insegnamento ed affidare la valutazione delle competenze degli insegnanti ai manager delle scuole”. 
Si tratta solo di rendere inoffensivi i sindacati degli insegnanti (AFT, fortissimo sindacato corporativo) e pare che ciò si farà, visto il vento politico favorevole che si respira negli USA. Tutto questo viene giustificato con la necessità di ridurre i costi della globalizzazione che imporrebbero risparmi anche legati alla riduzione delle tasse. 
Anche negli USA si punta all’educazione mediante TV ed Internet ed in tal senso hanno esempi di ottima resa economica. Emblematico è il caso della rete TV Channel One “. Dopo 10 anni in Italia lo stato delle cose nel sistema scuola non si discosta molto da quanto scritto sopra, ovvero riduzione del numero degli insegnanti e aumento del numero degli alunni per classe ( classi pollaio ), tentativi politici ( vedi Lombardia ) di affidare la valutazione delle competenze degli insegnanti ai manager delle scuole ( reclutamento diretto degli insegnanti da parte dei Dirigenti scolastici ), mancanza di fondi adeguati ( tagli al FIS ) e discipline assenti dai curricoli ( vedi storia dell’arte ). 
Saranno coincidenze o precisi intenti programmatici per emulare la destrutturazione del sistema scolastico di oltre oceano ? 

Aldo Domenico Ficara

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