È un’opinione che ultimamente viene ripetuta in modo ricorrente, soprattutto in ambiti politici e tra chi dibatte di tematiche scolastiche, quella che la scuola pubblica italiana sia vittima di logiche corporative e sindacali, volte a difendere gli interessi di parte degli insegnanti. Secondo costoro il problema della scuola pubblica italiana è che si considera la scuola solo dal punto di vista dei diritti sindacali di chi ci lavora, e in particolare modo dei docenti.
Gli insegnanti vengono additati come se fossero una casta di privilegiati, che lavorano soltanto 18 ore settimanali, per soli 200 giorni l’anno, protetti da un sindacato che si batte per garantire il minimo sindacale per tutti.
Una logica corporativa dalle vedute limitate che, secondo alcuni esperti di scuola affosserebbe le eccellenze che lavorano meglio, che pur esistono, tutelando in modo spregiudicato gli insegnanti mediocri e fannulloni.
In questa direzione vanno alcune affermazioni dell’attuale ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che non nasconde le critiche rivolte ai sindacati scuola, rei, secondo il responsabile del Miur, di spingere sempre e solo per salvaguardare il minimo garantito a tutti gli insegnanti e non per valorizzare invece coloro che lavorano meglio, quindi – prosegue il ministro Giannini – quel poco che c’è non solo non serve a migliorare la qualità complessiva ma nemmeno a valorizzare le singole persone.
A fare da eco alle dichiarazioni forti del ministro Giannini arriva anche un interessante intervento di Gianni Zen sulla valutazione e dall’autonomia. Gianni Zen, dirigente scolastico con trascorsi politici parlamentari come deputato del Partito Popolare, invita a “deperonizzare” la scuola. Il bravo Zen si lancia in paragoni funambolici, sostenendo che la corporazione sindacalese della scuola è assimilabile al fenomeno sociale peronista dei primi anni 40 del novecento. Arrivare a scomodare una celebrità come Evita Peron capace di supportare con una grande passione ideologica il marito Juan Domingo Perón, ma ci rendiamo conto? Sembra proprio una provocazione, quella lanciata da Zen, in particolare per chi conosce la storia, ma soprattutto per chi vive la realtà interna delle scuole italiane. Di quale corporativismo sindacalese parla Gianni Zen? Se le cose stessero come sostiene il dirigente scolastico vicentino e ci fosse veramente bisogno di “deperonizzare la scuola”, e quindi i sindacati fossero così potenti, allora come è spiegabile il fatto che il Contratto nazionale di lavoro della scuola è bloccato al 2006 con retribuzioni per gli insegnanti e il personale tutto da fame? Come spiega Zen la destrutturazione contrattuale, che in questi anni, soprattutto negli ultimi sei, è stato smontato e sostituito da leggi finanziarie e decreti leggi vari? Ci potrebbe spiegare Zen, come è possibile che questa casta di privilegiati degli insegnanti si è fatta scippare quasi per intero tutto il fondo d’Istituto che rappresenterebbe salario accessorio? Per non parlare poi dell’ascesa delle associazioni che rappresentano i dirigenti scolastici come Zen, che sono riusciti a fare una vera e propria opa sull’organizzazione del lavoro all’interno delle scuole, senza nemmeno consultare i sindacalisti firmatari del contratto. Lasci perdere Zen, ricordi storici d’intensa memoria e passione argentina, ed affronti la realtà della scuola italiana che vede una politica forte, fortissima e un sindacato dei lavoratori in evidente difficoltà che sta perdendo consistenza e iscritti. Le opinioni di Zen, che pur toccano un tema reale ed evidente, quello della valutazione dei docenti, sembrano evocare articoli dei vari Andrea Ichino, Marcello Veneziani e Angelo Panebianco, che avevano lo scopo di aprire la strada alla fantomatica lotta di Brunetta contro il fannullonismo degli insegnanti.
Ebbene bisogna sapere che, dopo quella campagna diffamatoria contro tutto il corpo insegnante, i fannulloni sono sempre vivi e vegeti e i docenti bravi continuano a massacrarsi di lavoro per un pugno di euro al mese, ma tutto questo non è colpa certamente dei sindacati che sono stati messi, da una politica prepotente, con le spalle al muro. Dopo il mostro dei fannulloni da combattere, adesso si inventano il dinosauro del corporativismo che non esiste, ma lo fanno soltanto con lo scopo di ultimare l’opera, quella di distruggere la scuola pubblica.
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