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La scuola può cambiare un quartiere? “I manuali del bravo preside non parlano delle periferie” – INTERVISTA alla dirigente Di Bartolo

Si legge tutto d’un fiato, come una storia avvincente che resta lì con te e ti chiama anche quando interrompi per un po’ la lettura. Domani c’è scuola”, la prima fatica letteraria di Antonella Di Bartolo, è un fiume in piena che coinvolge ed emoziona. Disponibile dal 30 aprile in libreria, il libro, edito da Mondadori, è un vero e proprio diario di bordo in cui Antonella Di Bartolo racconta la sua storia.

La storia di una giovane dirigente scolastica che nel 2013, fresca di concorso, sceglie consapevolmente di andare a dirigere una delle scuole più problematiche di Palermo, l’Istituto Comprensivo “Sperone-Pertini”. Conosciamo tutti Pertini, ma Sperone…. Sperone è un quartiere della periferia sudest di Palermo, proprio accanto a un altro quartiere, Brancaccio, rimasto nei (brutti) ricordi di tutti gli italiani perché teatro dell’uccisione da parte della mafia di Padre Pino Puglisi.

«Ha scelto l’Istituto Sperone-Pertini? Condoglianze!» disse un funzionario al quarto piano del palazzone di via Fattori, dove si trova l’Ufficio scolastico regionale. Ecco come è descritta la reazione dei burocrati al momento della scelta della sede.

Ma Antonella Di Bartolo non ha paura, le stragi dei primi anni ’90 hanno rafforzato il suo impegno civile e la sua voglia di spendersi per dare un contributo alla crescita dei bambini e dei ragazzi nelle aree più disagiate della città.

Il 2 settembre 2013 si presenta dunque a scuola per il primo Collegio dei docenti, ma capisce subito che i manuali del bravo dirigente scolastico non parlano delle periferie, e quell’idea tutta teorica che mi ero fatta del mio nuovo lavoro somigliava al tubino blu e alle scarpe con i tacchi che indossavo: sbagliata e fuori luogo.

La nuova Preside si rimbocca, dunque, le maniche e con l’aiuto fondamentale di alcuni docenti e non docenti, che come lei condividono una certa idea di Scuola, inizia la scalata verso la cima del monte, una sorta di fatica di Sisifo che a tratti scoraggia ma che non cede mai alla voglia di lasciar perdere tutto per andare a dirigere una scuola nei quartieri “buoni” della città.

Il lettore si addentra e si ritrova immerso in una sorta di universo parallelo, una città nella città in cui Antonella Di Bartolo deve, da un lato, coinvolgere la gente del quartiere , far conoscere alle famiglie i propri diritti in materia d’istruzione: è pazzesco che qui in ogni famiglia ci siano tre, quattro bambini, e i genitori non chiedano di far frequentare loro il nido, o la scuola materna. Non chiedono, non ci provano nemmeno! Non hanno la consapevolezza del diritto, ecco perché non abbiamo liste d’attesa. Li iscrivono alle elementari perché c’è l’obbligo scolastico, non perché è un diritto dei bambini frequentare la scuola. Dobbiamo chiedere una mano a tutti, coinvolgere le persone che vivono qui, convincerle che questa è un’opportunità per tutti.

Dall’altro, è costretta a scontrarsi con l’inerzia e l’indifferenza del Comune e dei suoi vari assessorati che sembrano avere abbandonato i quartieri più disagiati della città: «Scusi, assessora, ma lei pensa davvero di chiudere una scuola allo Sperone?» le chiesi sfacciatamente a un certo punto, riportandola all’assurdità di quella proposta da parte di un’assessora all’Istruzione, per giunta insegnante. «Lo scandalo è che si sia permesso che una scuola allo Sperone si riducesse in quel modo. Chiudere una scuola lì è un controsenso, una cosa inconcepibile. Come le può venire in mente? Semmai bisognerebbe costruirne altre, di scuole» continuai.

Preside Di Bartolo, perché questo libro?

A un certo punto della mia vita ho pensato che fosse quasi “necessario” raccontare un’esperienza professionale che ha cambiato in profondità il mio modo di percepire la realtà, che mi ha fatto conoscere una parte di me stessa a lungo rimasta nascosta. Volevo in qualche modo far capire a tutti che, anche se all’inizio ci si possa sentire inadeguati a svolgere un certo ruolo, la motivazione e l’entusiasmo fanno emergere caparbietà, combattività e grinta, qualità che magari non si credeva di possedere.   

Lei sostiene nel suo libro che chi lavora in certi contesti non debba mai lasciare a intendere che potrebbe esserci la possibilità di operare in zone grigie, ma che è al contrario fondamentale far capire, con le parole e i comportamenti, da che parte sta. È una politica che paga?

Non c’è altra possibilità:  se non è chiaro fin dal principio che non c’è alcun modo di scendere a compromessi, molti verranno a chiederti accordi e accomodamenti. Ora, la Scuola è un’istituzione i cui operatori devono necessariamente schierarsi, in modo chiaro e netto, dall’unica parte possibile, quella della legalità. E devo dire che, sebbene con fatica e con il tempo, la gente dello Sperone ha capito il valore della Scuola e moltissime famiglie hanno dato un importante contributo per la crescita del nostro Istituto.

Il mondo della politica, nazionale e locale, le è stato d’aiuto?

Diciamo che l’assessorato comunale alla Pubblica Istruzione, all’inizio della mia esperienza di dirigente allo Sperone, dopo i primi tentennamenti mi ha dato una mano. Ma alla politica, in generale, come racconto nel libro, rimprovero le promesse fatte e non mantenute.

Dica la verità, Preside, ha mai avuto la tentazione di “migrare” verso un Istituto, diciamo così, meno impegnativo?

Mai. Mi sento davvero parte integrante del territorio, abbiamo costruito, nel tempo, una sorta di famiglia allargata composta da docenti, personale amministrativo, collaboratori scolastici, alunni e famiglie che operano per il bene della scuola e la crescita del quartiere. Impensabile lasciare tutto questo.

“Domani c’è scuola” sarà presentato ufficialmente il 2 maggio prossimo alle 18.00, presso il teatro Santa Cecilia di Palermo, alla presenza del Direttore regionale dell’USR Sicilia, Giuseppe Pierro.

Gabriele Ferrante

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