In quasi tutti i film, per il cinema o la Tv, la scuola è quasi sempre sullo sfondo, e raramente si parla di docenti e d’insegnamento.
Tuttavia, Christian Raimo, sull’Internazionale, fa rilevare, che, nonostante in talune storie Tv vengano trattate tematiche socioeducative più che l’apprendimento: per esempio l’inserimento in una classe nuova, l’uso di sostanze, il razzismo, il bullismo, da qualche tempo si sta registrando una più attento interesse alla funzione stessa dell’insegnamento, con le sue problematiche di carattere educativo e didattico.
Fra questi Il caos dopo di te, di Pablo Montero, una serie spagnola ambientata in un liceo di Novariz, “una cittadina immaginaria della provincia galiziana, una zona dove negli ultimi anni sono aumentate le disuguaglianze sociali. Al liceo arriva una supplente di lettere, Raquel, per sostituire Viruca, un’insegnante trovata morta alcune settimane prima per un presunto suicidio”. Oltre ai due possibili piani di lettura (la storia della prof trovata morta e le indagini della polizia), scrive l’esperto, c’è un terzo piano, quello prettamente didattico, “le ore di lezione: spiegazioni, compiti in classe, interrogazioni, campanelle. Viruca è un’insegnante fuori dal comune. Appena entra in classe conquista la fiducia dei suoi studenti. Come fa? Gli chiede di raccontare un episodio intimo della loro vita, e lei stessa rivela un vecchio episodio doloroso, confessando di non averne praticamente mai parlato fino a quel momento. Partiamo da voi, è il messaggio implicito di Viruca.
Questo metodo ardito sembra avere effetto: tutti si appassionano alla lingua e alla letteratura spagnola, tutti amano Viruca e quello che insegna. Per molti studenti è la prima volta che qualcuno s’interessa a loro così profondamente. Viruca cerca una confidenza con gli studenti che chiaramente rischia di sconfinare nella seduzione, nel plagio”.
Al contrario della supplente, di Raquel. Costei “non ha lo stesso carisma, forse neanche la stessa preparazione, e rischia di fallire a ogni lezione. I ragazzi la sfidano, mettono in discussione i suoi metodi, minano la sua autorevolezza. Lo sforzo di Raquel per riuscire a fare bene il suo mestiere è raccontato in modo molto interessante. Le questioni che affronta sono comuni a chiunque abbia a che fare con gli studenti delle superiori: si può rispondere al ricatto del disinteresse da parte dei ragazzi con il ricatto del voto? Come si fa a recuperare il rispetto quando si è fatto un errore grossolano con la propria classe? Come si può interagire con dei ragazzi che hanno idee politiche e convinzioni morali molto distanti da noi? Qual è il confine tra la familiarità e la confidenza che si crea nella quotidianità di una relazione educativa?”
Stessi interrogativi, continua l’esperto, sia in un film uscito in Francia due anni fa, L’ultima ora, di Sébastian Marnier, sia in una serie danese di cinque stagioni trasmessa su Netflix, Rita, scritta da Christian Torpe.
Anche in L’ultima ora “il protagonista è un supplente che va a insegnare francese in un prestigioso liceo sperimentale per sostituire un collega e si trova di fronte dei ragazzi che sono l’esatto contrario della vulgata sulla generazione di smidollati inconsapevoli, dipendenti dagli smartphone e imbambolati psicologicamente. Già avanti di quasi un anno sul programma, incalzano il nuovo professore a proseguire normalmente con le lezioni, senza occuparsi paternalisticamente della loro reazione emotiva, ponendo “interrogativi importanti rispetto alle sfide pedagogiche: cosa vuol dire insegnare in un contesto in cui l’ideologia della scuola sembra annullare qualunque istanza di contestazione davanti ai modelli sociali dominanti? A cosa serve la scuola? A riprodurre benissimo il mondo di fuori? Può esistere un insegnamento che non si ponga una responsabilità politica?”.
Su un contesto diverso, ma parallelo, Rita, nel quale, segnala Raimo, “l’innesco di ogni puntata è almeno una sfida educativa. Che fare con quel ragazzo con la sindrome di adhd? Come affrontare un caso di bullismo nei confronti di un professore? Come s’imposta una lezione di educazione civica? Come si aiuta un ragazzo ad affrontare un esame? Come si può affidare una lezione di laboratorio ai ragazzi? Le parole coraggio, paura, ansia, turbamento, che ci sembrano astrattamente legate alle difficoltà della crescita, prendono forma rispetto alle domande che si fanno i docenti. Stanno dentro la sfida educativa, sono sciolte, articolate, comprese e affrontate. Rita in questo è un’insegnante modello: può riuscire o fallire, ma non elude nessun impegno che il suo ruolo comporta”.
Guardare Rita, L’ultima ora e Il caos dopo di te può essere utile per chi insegna, ma aiuta anche i non addetti ai lavori a capire che quando parliamo dei problemi della scuola dovremmo focalizzarci un po’ di più su quello che succede dentro la scuola: nella relazione tra studenti, tra insegnanti, e tra studenti e insegnanti.
“Ragionare insieme – scrive sempre Raimo- sull’educazione, costruire in continuazione comunità educanti è il compito civile a cui spesso veniamo meno e che pensiamo di delegare alla scuola. Questo vuol dire non assumersi le proprie responsabilità. Film e serie che mettono in scena in modo convincente il mondo imperfettissimo della scuola ci dimostrano che non possiamo aspettarci soluzioni dalla scuola e che dobbiamo almeno cominciare a fare le domande giuste”.
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