Lo stesso giorno in cui pubblico un articolo perorando la causa di una scuola migliore per la riapertura di settembre, vedo la notizia di possibili lezioni da 40 minuti.
Questo significherebbe che chi nella scuola secondaria insegna materie che prevedono due ore per classe, invece di 18 lezioni da un’ora in 9 classi si ritrova ad avere 27 lezioni da 40 minuti in almeno 14 classi.
Quale qualità dell’insegnamento possiamo immaginare in queste condizioni? Già nove classi sono troppe, perché significa occuparsi di circa 200 allievi, ma come può sviluppare una didattica di qualità, che prevede una relazione educativa attenta, un insegnante che ha più di 300 studenti? E come può svilupparsi una didattica laboratoriale in 40 minuti.
Le lezioni di educazione fisica poi, di cui i nostri allievi hanno un enorme bisogno si ridurrebbero di fatto ad un’ora effettiva la settimana, quando, secondo le indicazioni dell’OMS, dovrebbero fare un’ora al giorno di attività motoria. In Svizzera sperimentano le scuole in movimento e noi riduciamo ulteriormente il poco che abbiamo?
Continua ad essere tutto orientato verso la minor spesa possibile per fornire un servizio ridotto all’essenziale. Anche le indicazioni sull’edilizia scolastica sembrano non prevedere spese aggiuntive (spero di sbagliarmi), quando dovremmo fare di necessità virtù, valorizzando ed estendendo le esperienze migliori.
A titolo d’esempio l’esperienza dell’IC3 di Modena, dove un’attenta ricerca sulle innovazioni didattiche, la modifica degli ambienti di apprendimento, la collaborazione degli enti locali, l’individuazione di altre fonti di finanziamento, hanno creato un ambiente dove gli studenti, come racconta il DS Daniele Barca durante il convegno Giunti del 25-26 maggio “September Now”, si sentono a casa e imparano meglio.
Siamo ad un bivio: dobbiamo scegliere tra il definitivo disastro della scuola italiana oppure una vera innovazione, che veda il coinvolgimento di insegnanti, studenti e famiglie, che la renda, a piccoli passi, una delle scuole migliori del mondo.
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