In Bolivia, a 4700 metri sul livello del mare, c’è la Escuela Robertito. Si trova davanti al tunnel d’ingresso della cava di argento Roberto, 15 mila minatori, qualche chilometro distante da Potosì, sopra in uno slargo fangoso con le rotaie.
La Repubblica narra con uno speciale le disumane condizioni dei bambini boliviani.
La Scuola Robertito è stata costruita nel 2007 da Voix Libres, una fondazione svizzera che combatte il lavoro minorile in Bolivia. «Volevamo dare un futuro ai figli dei guardiani delle miniere», racconta Marianne Sébastien, presidente dell’organizzazione. «I bambini lavoravano insieme ai genitori e nessuno andava a scuola perché la più vicina è a due ore di cammino».
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In Bolivia vivono dieci milioni e mezzo di persone, tre milioni e mezzo hanno meno di 18 anni. Secondo l’Encuesta de trabajo infantil, un’indagine condotta dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel 2008, su cui si basa l’operato di Unicef e del Governo, in Bolivia 850mila bambini e ragazzi tra i 5 e i 17 anni sono coinvolti in attività economiche. Sono in gran parte indios che vivono nelle zone rurali: i più fortunati fanno i lustrascarpe o i pulitori di lapidi nei cimiteri, gli altri lavorano nelle piantagioni di canna da zucchero o in miniera. Il lavoro minorile è una piaga così diffusa da essere tollerato dal Governo, che concentra la battaglia contro i mestieri pericolosi e i luoghi più a rischio come i campi di canna da zucchero o le miniere.
Ma dal momento che il Ministero non dispone del personale e dei mezzi di trasporto necessari (i funzionari si spostano in autobus e a piedi tra le strade sterrate del Cerro) è di fatto impossibile stabilire quanti minori entrino davvero nella miniera. Secondo il capo minatore Oscar detto “El conejo” ogni anno sono più di tremila. «Tutti hanno diritto a lavorare perché tutti devono mangiare», afferma con una tranquillità quasi convincente. «Noi accogliamo ragazzini di 12 anni e anziani di 70. Ma è meglio venire a lavorare qui da anziani, perché chi comincia da ragazzino non invecchierà mai». È quello che ripetono ai bambini della scuola Robertito gli insegnanti Nicolas e Jorge: «La speranza di vita per i minatori è 14 anni, se non si muore in un incidente arriva la silicosi polmonare».
Ogni anno la Escuela Robertito assiste circa cento bambini e offre loro la colazione, il pranzo, i vestiti, il materiale scolastico. Ma soprattutto un posto sicuro dove passare la giornata, visto che intorno alle cave non esistono villaggi. Anche se durante le vacanze scolastiche alcuni studenti entrano in miniera, negli ultimi anni la Robertito ha migliorato la vita di centinaia di famiglie.
Gli insegnanti gioiscono per la presa di coscienza dei ragazzi, ma sono molto preoccupati per le condizioni strutturali della scuola. L’edificio è costruito proprio sopra una galleria dove si è ricominciato a scavare: le crepe nelle pareti sono numerose, il muraglione che circonda la scuola è già crollato una volta e il cortile sta sprofondando. La Fondazione Voix Libres ripete da tempo che da sola non può finanziare i lavori; a gennaio il municipio di Potosì ha stanziato l’equivalente di 24 mila euro per la costruzione di una nuova Robertito.
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