Proliferano, insieme alle emergenze educative e formative che ogni giorno arricchiscono le notizie divulgate dai social media, anche evidentemente le “cattive idee” e le “cattive prassi” nella Cattiva Scuola.
I grandi maestri del sospetto, Marx, Freud, Nietsche, Pareto si staranno rivoltando nelle tombe di fronte ad un’umanità, senza più buon senso, ragione, dignità, capacità di critica che l’ha resa preda di poteri autoritari, di interessi molto lontani dai propri bisogni e dalle reali necessità.
Davvero possiamo pensare che la realtà sociale del nostro tempo, così come la Famiglia e la Scuola, debbano subire in una fase di imbarbarimento della specie umana, come dimostrato dal proliferare di forme di violenza organizzata in età sempre più precoce, di cui le baby gang sono una dimostrazione attuale, le folgorazioni inopportune di un ministro poco illuminato.
Soltanto una riflessione critica sui veri motivi di tali inopportune iniziative, non coincidenti con le priorità di un sistema scolastico che ormai da tempo tutto fa tranne che istruire, educare e formare le giovani generazioni ci può salvare da interpretazioni fuorvianti.
La Cultura e la Scuola non possono tradursi in un palcoscenico sul quale sfilano apprendisti di ogni genere e comitati o categorie rappresentative di interessi che con la cultura, l’educazione e la formazione non hanno niente da spartire.
La prima folgorazione per quanto riguarda le tracce lasciate dal Miur e dal Governo uscente che si è tradotta in una crociata ed in un decalogo scritti a quattro mani da Fedeli e Boldrini è stata quella riguardante la necessità di riconoscere le fake news circolanti sulla rete. Una sortita che si è tradotta in un progetto nazionale nelle Scuole, quindi non a copertura limitata, sia per quanto riguarda il target, sia per quanto riguarda le risorse da investire, che nelle modalità in cui è stato proposto ricalca le modalità di quel passato storico dal quale ossessivamente certa politica lascia intendere di voler rifuggire, utilizzandone tuttavia la stessa impostazione di pensiero ed azione.
Per di più con l’unica certezza che sarà della massima inutilità, se si considera che a nulla possono servire interventi che si risolvono in prescrizioni esterne di tipo tecnico-comunicazionale-informativo.
In questo modo si tralasciano alcuni passaggi fondamentali che dovrebbero essere la missione per eccellenza della Scuola, consistente in una forma di educazione e formazione che produca e realizzi nel corso del processo educativo e formativo tutte le condizioni per uno sviluppo equilibrato di personalità dei bambini, ragazzi, adolescenti con tutte le implicazioni emotive, affettive, relazionali, di consapevolezza di sé, di autostima e di rispetto dell’alterità.
Le naturali ricadute di tale virtuoso processo si concretizzeranno nel raggiungimento di quello che dovrebbe essere considerato da tutti, ed ancor più dai rappresentanti del potere e delle istituzioni competenti in materia di istruzione, l’obiettivo degli obiettivi: la maturazione globale della persona e l’autonomia di decidere, di discernere di comprendere che nella più ottimistica visione al momento è relegata a funzione opzionale e solo circoscritta al settore privato della sfera personale.
La partecipazione alla vita pubblica di quelli che dovrebbero essere i cittadini del mondo di domani non può prescindere da quel tipo di processo educativo e formativo che dovrebbe rappresentare la vera e principale missione della Scuola. Per ricollegarmi al pensiero espresso da Romano Pesavento, Presidente Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani sul quotidiano “La Tecnica della Scuola” in merito alla Giornata nazionale sul bullismo e cyberbullismo: il ruolo della scuola.
Riporto fedelmente un passaggio del suo articolo: “…..il tema della Giornata che caratterizza l’edizione 2018 è intitolato “Create, Connect and Share Respect. A better internet starts with you (Crea, connetti e condividi il rispetto: un internet migliore comincia con te); tale argomento risulta di prioritaria importanza, in considerazione delle scioccanti notizie di cui si rendono protagonisti alcuni adolescenti, aguzzini, in branco o individualmente, dei propri coetanei. La scuola deve avviare tempestivamente percorsi educativi incentrati sul rispetto della persona e della legalità; non si può più, acclarata la drammaticità del fenomeno, tentennare o limitare la trattazione di problematiche così importanti a sporadiche iniziative, avulse da una traiettoria progettuale sistemica, calibrata e pervasiva.
La legge 29 maggio 2017 n. 71 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” istituisce presso la Presidenza del Consiglio un tavolo tecnico per la redazione di un Piano d’azione e del monitoraggio relativo al fenomeno”.
Peccato che invece il MIUR preferisca accentrare la propria attenzione su alcuni aspetti, pur importanti, ma non fondamentali per un vero cambiamento strutturale affrontandoli con disorganizzate e sporadiche iniziative che dovrebbe adottare, come afferma il presidente Pesavento, “avulse una traiettoria progettuale sistemica, calibrata e pervasiva.”
E questo non perché non esistano proposte che seguano tale impostazione, ma bensì perché evidentemente non vi è una reale volontà politica di adottare la strategia più efficace e forse, anche una non sufficiente competenza nel selezionare, meritocraticamente e senza pregiudizi, proposte adeguate a soddisfare i criteri previsti per l’emancipazione da “prove per tentativi ed errori” che hanno fino ad oggi impedito un neppur leggero miglioramento del sistema educativo.
Sempre per finire di commentare l’articolo del presidente Pesavento, non è vero che non siano già disponibili piattaforme educative come quelle ipotizzate improntate a seguire “una traiettoria progettuale sistemica, calibrata e pervasiva”, che ha messo a punto “strategie didattiche funzionali all’acquisizione di una maggiore consapevolezza/correttezza da parte degli studenti”.
Un esempio è dato da un nuovo tipo di approccio, proposto a seguito di una ricerca interuniversitaria condotta sul campo insieme ad esperti e rappresentanti di varie discipline umanistiche, che attraverso la convergenza sinergica delle proprie particolari esperienze accademiche e scientifico-disciplinari, competenze professionali, soluzioni, progetti, opinioni personali, ha dato vita alla proposta finalizzata alla Formazione Integrale ed integrata della Persona fin dai banchi di scuola (FIIP).
Pur tuttavia, inutili sono stati i tentativi fatti presso il MIUR di creare come afferma il presidente Pesavento, “sotto l’egida del MIUR, un abbraccio dialettico tra le estreme periferie e il centro, tra il Nord e il Sud”, per allargare la condivisione ai vari istituti scolastici, ai dirigenti, ai docenti, ai genitori, questi ultimi sempre più esposti a subire il “tutto quanto fa spettacolo”, senza poter esprimere alcun consenso, che ormai domina nei modelli didattico-educativi-formativi praticati nella scuola.
E per concludere il commento di chiusura all’articolo del presidente Pesavento, per un cambiamento strutturale ed un miglioramento concreto del sistema educativo che offra davvero agli studenti la possibilità di acquisire una maggiore autonomia e consapevolezza di sé attraverso uno sviluppo equilibrato della propria personalità che li faccia sentire, non strumenti del sistema, ma cittadini artefici del proprio futuro, in relazione empatica con gli altri, non “oggetti in vetrina” per i social media, senza cervello e senza anima, ciò che va resuscitato è la capacità di discernimento fra “l’essere” e “l’avere”. Questo dovrebbe essere il compito della Scuola che si è invece pian piano appiattita al ribasso sui modelli socialmente condivisi della contemporaneità che mostrano pienamente il livello di degrado umano a cui siamo arrivati, fatti di suggestioni e di superficialità, di esaltazione edonistica, di comportamenti disvaloriali, dove non esistono modelli positivi di riferimento con cui confrontarsi, e dove le relazioni umane sono in gran parte virtuali e sono schermate dalle barriere interattive da cui è scomparso l’elemento “personale”.
Per completare il discorso sulla scelta operata a doppia firma di Boldrini-Fedeli di avviare una crociata sul fenomeno delle fake news, concordo pienamente con quanto ha riportato anche il giornalista Del Vigo nel suo illuminante articolo, in cui egli stesso conferma che saper riconoscere le fake news è giusto.
Quello che non è giusto è utilizzare la stessa modalità che si intende combattere per inculcare autoritariamente nelle menti dei bambini e dei ragazzi e per di più nei luoghi deputati all’istruzione, all’educazione, alla formazione, ciò che è ritenuto “giusto”, da chi occupa posti di potere.
I luoghi di trasmissione del sapere dovrebbero respirare la neutralità che la storia impone nel suo tramandarsi di generazione in generazione e non dovrebbero odorare di ideologie particolari e di ossessioni personali dei vari rappresentanti del potere. I luoghi privilegiati in cui si esercita la trasmissione dei saperi e delle conoscenze storiche, artistiche, sociali al contrario dovrebbero essere un teatro in cui rappresentare l’immenso patrimonio culturale fatto di storia e avvenimenti politici del nostro passato storico che non hanno bisogno di essere ripuliti dalle istituzioni governative di passaggio sulla scena politica, secondo le proprie convinzioni e convenienze. La tradizione storica, in particolare, nel suo divenire deve conservare la massima autenticità e corrispondenza ai fatti e agli eventi verificatisi ed essere tramandata alle nuove generazioni sospendendo i pregiudizi.
L’unico tribunale di cui ha bisogno la storia deve essere costituito dalle coscienze libere dei ragazzi e degli adolescenti che saranno i cittadini del mondo di domani, se saranno messi in grado di esercitare autonomamente la propria valutazione dei fatti e degli eventi del passato e del presente nel mondo reale e virtuale e quindi di riconoscere anche i pericoli e le opportunità ad essi collegate.
Diversamente, si rischia di cadere nelle trappole degli errori del pensiero unico di quel passato che i rappresentanti delle istituzioni, a loro dire, vorrebbero rifuggire.
Lo stesso discorso è valido per la seconda folgorazione, avuta dal ministro uscente del MIUR Fedeli dopo la celebrazione in pompa magna a Bologna della conclusione del processo di digitalizzazione 4.0 in tutte le Scuole del territorio nazionale, sottolineando che molte Scuole del territorio nazionale non hanno neppure la connessione ad Internet.
Va oltretutto detto e ribadito con forza che l’accelerazione del processo di digitalizzazione in tempi davvero rapidi, sostenuta dall’UE, ha prodotto come risvolto negativo una massa incontenibile di alunni di tutte le età, affetti da DSA (dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia) con la doppia conseguenza di avere intere classi di alunni che non sanno “scrivere” (fenomeno che può portare come conseguenza anche deficit di tipo cognitivo, intellettivo, sviluppo personale) e insegnanti che non riescono a leggere e che hanno serie difficoltà, pertanto, a correggere i compiti.
Il che non resta senza conseguenze, non solo sul piano personale, ma anche sotto il profilo biomedico in quanto il tipo di danno prodotto dalla digitalizzazione indiscriminata fin dall’infanzia viene “rimediato” con lo stesso strumento che ha prodotto il danno ed impartito come obbligatorio, non solo per facilitare l’effettiva disabilità di un handicap riconosciuto, ma anche per gli “abili” divenuti “disabili” a causa ed in virtù del mancato apprendimento del gesto grafico in generale e del corsivo in particolare.
Ad avallare la portata della gravità di tale fenomeno e delle conseguenze negative del medesimo nel tempo esiste un’ampia e documentata bibliografia specialistica e una documentata presenza di articoli e riviste, storie personali raccontate sui social media e testate giornalistiche a livello internazionale che ormai si sono convertite all’esigenza di ritornare al corsivo, non solo per “scrivere”, ma anche per apprendere, per capire e ricordare. Il tutto immolato sull’altare di priorità imposte dai sistemi di potere che all’esistenza umana hanno anteposto protocolli e schemi di pensiero precostituiti, soddisfacenti il dominio della tecnocrazia e del mondo virtuale sulle relazioni “umane” divenute, come la cronaca ci dimostra quotidianamente, sempre più “disumane” e permeate da gratuita violenza.
Per la serie “le ideologie del potere a senso unico dominano la società fin dai banchi di scuola”, ed enfatizzano le priorità decise dal potere medesimo, oltre tutto contro il sentire comune.
Lo fanno in nome di un buonismo che in realtà nasconde la cattiva coscienza delle scriteriate gestioni della cosa pubblica del passato rispetto al fenomeno migratorio, ed allora ecco emergere all’orizzonte, in nome della solita lotta alla discriminazione, che ormai è divenuta la principale priorità della scuola per esigenze personali del ministro attuale, il protocollo d’intesa stipulato dal MIUR per volontà della Fedeli con i Comuni e con il Comitato 3 Ottobre, riguardante la visita obbligatoria ai centri di accoglienza per immigrati.
La discriminazione di genere, di etnia, di religione non sono altro che il frutto di una cattiva educazione e di una carente o assente formazione equilibrata della personalità dei soggetti in età evolutiva che, in tal caso, si riflettono in negativo sulle relazioni con gli altri e quindi sulla socializzazione, prescindendo dal genere, dall’etnia, dalla religione.
Infatti, fenomeni quali il bullismo, il cyberbullismo, la discriminazione razziale e di genere, religiosa, hanno la stessa comune matrice, identificabile nella carenza o nell’assenza di un corretto ed equilibrato sviluppo biopsicodinamico e di maturazione della personalità dei soggetti in età evolutiva con tutte le implicazioni di tipo emotivo ed affettivo, relazionale ed interpersonale che nel processo biopsicoevolutivo in presenza o in assenza queste comportano.
Per questo è obbligatorio non derogare all’interventismo contingente, quasi sempre disorganizzato, sugli effetti negativi conclamati di tali mancanze con iniziative istituzionali, del tipo di quelle analizzate, che non risolvono i problemi alla radice, minando il senso di responsabilità individuale e collettiva rispetto alla presa di coscienza di quali sono le vere priorità per affrontare le emergenze in atto (apri il link: – IL MOSTRO A PIU’ TESTE….).
La ricerca sociale e criminologica ci insegna che i comportamenti sono il frutto dei rapporti della persona con l’ambiente dove l’elemento comune dei termini è senza dubbio la persona. I comportamenti individuali sono frutto dell’interazione con l’ambiente, ma sono anche il risultato di un processo educativo e formativo che ha nella Famiglia e nella Scuola gli agenti fondamentali di tale processo, e deve servire a canalizzare le tendenze e le potenzialità costitutive verso l’assunzione di comportamenti corretti e di atteggiamenti socialmente condivisi, preventivamente contrastanti azioni di bullismo e cyberbullismo, discriminazioni di qualsiasi tipo, violenza precoce.
Ovviamente, anche il riferimento a valori e principi universalmente condivisi, alle regole ed al rispetto delle leggi e delle tradizioni culturali, storico-sociali e politiche avrà un suo ruolo rilevante nei rapporti personali ed interpersonali e come agente unificante di condivisione e di rispetto dell’alterità, prescindendo dal genere, dall’etnia, dalla religione.
I comportamenti individuali e collettivi non potranno essere il frutto di suggestioni imposte ossessivamente dall’esterno, in direzione di priorità selezionate dai ministeri e dalla politica, ideologicamente orientate a realizzare progetti politici lontani dal colmare i vuoti che proprio politiche dissennate hanno creato e che a loro volta hanno prodotto le emergenze sociali, educative e formative presenti nel nostro tessuto sociale in questo momento storico.
La Scuola non può continuare ad essere una raccolta di esperienze in libertà, che tutt’al più possono avere una valenza comunicazionale, disancorate dai modelli culturali tradizionali, che hanno completamente soppiantato la programmazione dei sistemi dell’attività didattica tradizionale in nome della ricerca del nuovo, del diverso, dell’eccezionale ad ogni costo.
In nome dell’autonomia scolastica, all’interno delle Scuole italiane, quasi sempre senza il consenso delle famiglie e qualche volta all’oscuro dei dirigenti scolastici regionali, sono sfilati i dottori del gender, i maestri delle LGBT, gli animatori di strada, i maestri del sorriso, i sessuologi/ghe, testimoni vari della legalità, esperti della rete web, vittime di violenza, di ludopatia… tutto tranne la competenza, la professionalità, la qualificazione del ruolo e della funzione che giustificassero, almeno parzialmente, l’attendibilità e la corrispondenza dei risultati ottenuti in rapporto agli obiettivi per cui i vari interventi erano stati disposti.
E nel frattempo, a seguito dei tanti interventi in libertà, nessuna area problematica ha mostrato statisticamente in senso quali-quantitativo una diminuzione dei casi osservati, come rientranti fra quelli caratterizzati da malessere/disagio/devianza.
E’ questo il motivo che ha spinto la mia Associazione e l’équipe multidisciplinare di professionisti e accademici che con essa collabora a promuovere l’unica soluzione possibile consistente in un modello di intervento integrato di tipo olistico in grado di affrontare in modo sistematico ed organico la globalità delle emergenze partendo dal fattore comune per eccellenza: la persona e dalla “cura” di essa praticata fin dall’infanzia. Tra l’altro, potendo far leva su un particolare modello di intervento monitorabile, verificabile, riproducibile che, come una lente di ingrandimento, riesce ad osservare “il tutto” della generalità dei fenomeni da osservare e “la parte” degli aspetti particolari, dei segnali di fragilità da riconoscere contestualmente, con la massima profondità, la minima invasività e brevità di tempi per incanalarli in direzione della FORMAZIONE INTEGRALE ed INTEGRATA della PERSONA (FIIP).
Partecipare al Sondaggio sulla Buona Scuola compilando il questionario anonimo ci darà la possibilità di fornire alle Istituzioni politiche e ministeriali competenti in materia, attraverso l’elaborazione statistica dei datti raccolti, la risultanza delle reali esigenze della collettività in termini di misure idonee a contrastare le emergenze sociali in atto a partire dalla Famiglia e dalla Scuola. Dai dati già raccolti si evidenzia già chiaramente come gli interessi ed i bisogni della collettività siano distanti dagli interessi che animano le scelte a livello politico e ministeriale.
Mara Massai
Sondaggio Buona Scuola: https://goo.gl/forms/P2JBaZvVjOrj5IwJ2
Lo short link della campagna di crowdfunding sulla piattaforma “Produzioni dal Basso”: http://sostieni.link/15860 da far “girare” tra i social e inviare alle persone che vogliono donare, così che abbiano direttamente un collegamento con il nostro progetto.
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