Il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti non ha alcuna intenzione di distanziarsi dalle politiche seguite negli ultimi 20 anni da tutti i ministri che si sono succeduti al dicastero dell’Istruzione: politiche che, agendo sul merito e assoggettando le ore di scuola al mercato del lavoro, “mirino a impoverire ancora di più la formazione culturale in quelle scuole, che in questo modello devono fornire manodopera a basso costo”. A sostenerlo è l’Usb scuola, attraverso un duro comunicato che si scaglia contro l’azione anche del Governo in carica, la quale viaggerebbe “verso un impoverimento della scuola statale, uno svuotamento dei saperi, un sistema di istruzione e formazione piegato al mercato del lavoro e alle esigenze di impresa”.
Le ore di alternanza verso la riduzione? Non è detto…
Il sindacato di base ricorda che il Ministro ha dichiarato durante il question time che non si può “ignorare che la realtà italiana è molto variegata e mancano in alcune zone strutture ospitanti adeguate [per svolgere l’Alternanza]”.
“Questo, unito al fatto che le scuole avranno il potere sì di ridurre, ma anche, eventualmente di aumentare le ore di alternanza, ci fa pensare – scrive l’Usb – che lo scopo sia mantenerla e al limite potenziarla, lì dove le aziende richiedono manodopera possibilmente gratuita, lì dove le aziende o gli enti hanno la possibilità di elaborare progetti che preparino i quadri intermedi e dirigenti del futuro”.
Si riacutizza la questione meridionale
L’Usb non ha dubbi: “In queste dichiarazioni si legge chiaramente, ancora una volta l’intenzione di mettere la scuola al servizio delle aziende, però lì dove le aziende producono e l’economia ancora funziona. Si profila un allargamento della forbice tra aree che produttivamente tengono ed aree depresse, tra aree metropolitane sempre più al centro della produzione di valore, ed aree periferiche che restano escluse dal processo e diventano funzionali solo come serbatoio di forza lavoro”.
“Questa dinamica non fa che riattivare la faglia storica dello sviluppo economico e sociale di questo paese, la questione meridionale che ne costituisce il carattere originale e che oggi si approfondisce e modifica dentro un processo ancora più ampio, quello della costruzione europea”.
Ripensare il sistema
L’organizzazione sindacale, quindi, si chiede: “che ne è della scuola delle pari opportunità? Della scuola dell’emancipazione delle classi popolari? Della scuola del dettato costituzionale?
La soluzione non è adattare l’alternanza alle reali esigenze delle imprese, ma tornare a fare scuola per formare culturalmente, umanamente e civicamente i bambini e i ragazzi; è ripensare un sistema di istruzione e formazione che metta al centro gli interessi dei soggetti in formazione e non del mercato”.
Vale per tutte le scuole
“Questo – continua l’Usb – deve valere sia per i Licei che per i tecnici e i professionali, perché pare evidente che le trasformazioni dell’Alternanza, unite alla riforma dei professionali, mirino a impoverire ancora di più la formazione culturale in quelle scuole, che in questo modello devono fornire manodopera a basso costo”.
“Di questo non vediamo traccia nelle intenzioni di questo Ministro e di questo Governo, perché significherebbe avere davvero la volontà di staccarsi dalle politiche europee che da decenni impoveriscono l’Italia e la condannano a un ruolo subordinato di fornitore di manodopera” con costi minimi.
Smantellare la Buona Scuola
In conclusione, secondo il sindacato di base, la Legge 107/15 “va smantellata come le riforme precedenti, che dagli anni 2000 – a dire il vero dalla famigerata autonomia scolastica – snaturano la scuola e la impoveriscono, la scuola deve tornare realmente al centro del discorso, come luogo formativo ed educativo, non come fornitrice di lavoratori flessibili e sfruttabili”.
Il prezzo per tornare indietro
Tornare a prima del 2000, come chiede l’Usb, significherebbe però non solo perdere l’autonomia scolastica (un elemento che a dire il vero dovrebbe essere considerato positivo se ben praticato), ma anche tornare ad un impianto organizzativo ben diverso: con più ore di tempo scuola, le lezioni in compresenza nel primo ciclo, i maestri d’inglese specializzati, più sedi scolastiche e soldi per manutenzione fondo d’istiuto, organici maggiorati, a partire da quelli dei dirigenti scolastici, dei Dsga e degli Ata.
Una scuola che, ideologie a parte, costerebbe svariati miliardi di euro: quelli che la riforma Moratti, ma soprattutto la Gelmini, ha permesso di risparmiare. E che nessun Governo, nemmeno quelli di sinistra che sono seguiti, hanno pensato bene (ma soprattutto voluto) di ridare alle scuole, ai sui alunni e al personale che vi opera.