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La scuola, vista dal cinema, salva o distrugge? Le Monde riflette sugli ultimi film che la settima arte ha dedicato al mondo dei docenti

In questi ultimi tempi non si contano più i film sulla scuola. Ci sono sempre stati, è vero, basti pensare che già all’epoca del cinema muto, “Il calvario di un maestro” – datato 1908 – descriveva la tristissima storia di un maestro elementare licenziato ingiustamente e ridotto a chiedere l’elemosina per strada. Roba da “Cuore” di De Amicis, insomma.

Ma anche negli anni successivi, il cinema si è sempre dimostrato attento e appassionato alle questioni scolastiche: “Il maestro di Vigevano” di Elio Petri (1963), “Diario di un maestro” di Vittorio De Sica (1973), fino ad arrivare a tutto il filone comedy di film come “Notte prima degli esami” o “Scialla” negli anni ’90. E decine di altri che non menzioniamo perché davvero tanti.

Qualche giorno fa, Michel Guerrin, redattore capo del quotidiano Le Monde, ha pubblicato un articolo sull’argomento, il cui titolo, tradotto, suona più o meno così: «I film sulla scuola mostrano degli insegnanti al centro di un disastro. Esagerato? Mica tanto.»

La sua argomentazione parte, naturalmente dall’ultimo film più rappresentativo, “La sala professori”, che secondo la recensione di Mymovies fotografa con la giusta drammaticità lo stato di un’istituzione in grossa crisi, esogena e endogena, in cui il rispetto che un tempo era precetto è stato sostituito dal sentimento umorale, per cui all’insegnante si dà retta finché è simpatico, sa intrattenere, non si fa scudo con il suo ruolo, perché allora quello scudo, sebbene di latta, diventa subito il bersaglio del tiro incrociato di alunni e genitori.

Gli ultimi film sulla scuola – sostiene Guerrin – mostrano come basti una frase mal costruita da un docente o una qualche sua azione compiuta a fin di bene e male interpretata possano finire in un ingranaggio perverso fatto di voci di corridoio, pettegolezzi, violenze verbali, false accuse e minacce, le cui vere ragion d’essere hanno poco a che fare con la didattica e molto a che vedere con la religione, la politica, l’appartenenza identitaria e così via.

Per il cinema – e per quello francese in particolare – non sembra più il momento delle commedie sulla scuola divertenti e spensierate, piuttosto quello dei thriller opprimenti il cui tema di fondo è l’amara disillusione degli insegnanti.

Certo, la scuola francese ha pagato un duro prezzo negli ultimi tempi: due docenti uccisi da fondamentalisti islamici, in questi giorni un dirigente andato via in pensione anticipata a causa delle pesanti minacce di morte ricevute per avere chiesto a un’alunna musulmana di togliere il velo così come previsto dalla legge, e tanto altro ancora.

Tuttavia, convinti come siamo che la Scuola debba essere sempre e comunque il luogo della fiducia, dell’entusiasmo e del dialogo incessante, ci permettiamo di consigliare ai nostri lettori cinefili che non l’avessero già visto, un  bellissimo film – francese –  che sulla Scuola assume un altro punto di vista: parliamo di “Stella”, che è anche il nome della giovanissima protagonista della storia narrata, quella di una ragazzina dei quartieri operai che viene ammessa a frequentare il primo anno di una prestigiosa scuola media frequentata dalla buona borghesia parigina, dove si trova molto a disagio finché non conoscerà una compagna che le cambierà la vita. Un film di nicchia – in Italia, al Box Office, “Stella” ha incassato appena 424 mila euro, “Notte prima degli esami” 12 milioni. – che racconta il potere salvifico della Scuola, in grado di trasformare non soltanto chi la frequenta in prima persona (Stella, nel nostro caso), ma anche tutti quelli che la circondano, primi tra tutti i genitori, che dall’esperienza di rinascita e di crescita della figlia attingeranno le risorse utili per pensare a un futuro familiare migliore.

Gabriele Ferrante

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