Mi sto battendo da un anno contro la “settimana corta”. Il 19/7/2018 ho presentato al ministro dell’istruzione Bussetti una petizione sul sito www.change.org.
La petizione è intitolata “La settimana corta a scuola è illegale e dannosa per gli studenti” e si può leggere digitando www.change.org/p/ministro-dell-istruzione-la-settimana-corta-a-scuola-è-illegale-e-dannosa-per-gli-studenti
La petizione
Di seguito riporto integralmente il testo della petizione:
“Gentile ministro Bussetti,
negli ultimi anni molte scuole medie inferiori e superiori hanno introdotto un orario scolastico articolato su cinque giorni settimanali, cioè dal lunedì al venerdì, piuttosto che sui classici sei giorni dal lunedì al sabato. Si allunga l’orario delle lezioni per accorciare il numero di giorni. Si tratta della cosiddetta “settimana corta”, che piace alle scuole, perché riescono così a risparmiare sui costi del riscaldamento e del personale. La “settimana corta” incontra anche il favore di quei docenti e quelle famiglie che preferiscono avere il sabato libero; ma ha anche incontrato molti oppositori in quei docenti, genitori e studenti che ritengono sia dannosa per il processo formativo ed il benessere degli studenti.
Consideriamo il caso di uno studente della scuola media inferiore. Non serve essere un esperto di scienze dell’educazione per comprendere che non si possono reggere con profitto sei ore di lezione, dalle ore 8 alle 14. È disumano costringere dei ragazzi appena usciti dalla scuola primaria a stare a scuola per sei ore.
La sesta è un’ora persa, in quanto gli alunni sono ormai stanchi ed affamati. Ne consegue che su un monte ore settimanale di trenta ore, sono da considerarne sprecate cinque. Inoltre bisogna considerare che il carico di compiti da fare a casa è eccessivo (le materie da studiare sono sei invece di cinque e si ha un’ora in meno a disposizione). Si impone così un ritmo troppo stressante che ricade negativamente sull’efficacia del processo di apprendimento e sulla possibilità stessa di riuscire a completare tutti i compiti assegnati. Inoltre diventa difficile dedicarsi ad attività extrascolastiche (sport, corsi di musica, ecc.) anch’esse importanti per lo sviluppo psico-fisico dei ragazzi, conciliandole con corsi extracurricolari pomeridiani a scuola e compiti da fare a casa. E tutto questo è ancora più deleterio per i ragazzi fragili, con disturbi specifici di apprendimento, o che semplicemente hanno bisogno di più tempo per apprendere. Inoltre in caso di malattia degli alunni, l’orario concentrato in 5 giorni comporta più ore di lezioni perse e maggiori difficoltà nel recuperare gli argomenti spiegati ed i compiti assegnati (per esempio un’assenza di 5 giorni fa perdere 30 ore di lezione invece di 25).
Contro la “settimana corta” sono quindi stati presentati in varie regioni italiane diversi ricorsi al TAR, che hanno visto vincere chi si opponeva alla “settimana corta”. Perché comunque la si pensi sui vantaggi e sugli svantaggi, una cosa è incontestabile: la “settimana corta” è illegale, in quanto consente di svolgere solo 169 giorni di lezione e non i 200 stabiliti dalla legge, che così recita: “la determinazione delle date di inizio e di conclusione delle lezioni ed il calendario delle festività devono essere tali da consentire, lo svolgimento di almeno 200 giorni di effettive lezioni” (art. 74 d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297).
E non si può invocare a favore della “settimana corta” il principio dell’autonomia, introdotto dal D.P.R. n. 275/1999, in quanto “L’autonomia organizzativa […] si esplica […] fermi restando i giorni di attività didattica annuale previsti a livello nazionale”, (art. 21, comma 8 della L. 15 marzo 1997 n. 59).
È vero che l’art. 5 del D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275 stabilisce che: “l’orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole discipline e attività sono organizzati fermi restando […] il rispetto del monte ore annuale”.
Ma lo stesso D.P.R. all’art. 17, abrogando alcuni articoli del suddetto d.lgs. n. 297/1994, ha conservato il citato art. 74, che resta in vigore.
Ciò significa che ogni scuola non deve rispettare solo il monte ore annuale, ma anche i 200 giorni in cui si esplica tale monte ore. Infatti il TAR Liguria ha stabilito che “la determinazione del calendario scolastico è di competenza regionale, ai sensi dell’art. 138 d.lgs. 112/98 che tuttavia non può operare in contrasto con i limiti stabiliti dall’art. 74 d.lgs. 297/94 che stabilisce in 200 il numero minimo dei giorni di lezione […]. In definitiva il calendario scolastico, e prima di esso la norma di riferimento, è stabilito con riferimento ad una articolazione su sei giorni settimanali anziché cinque” (sentenza N. 59/2016 del 08/01/2016).
È grave che anche alcune regioni abbiano preso la strada del consentire alle scuole di attivare, tacitamente o esplicitamente, la “settimana corta”, violando la legge. È quanto per la prima volta ha fatto esplicitamente la Regione Campania, che con DGR n. 339 del 05/06/2018, dopo aver stabilito che “per tutti gli ordini e i gradi d’istruzione e per i percorsi formativi le lezioni abbiano inizio il giorno 12 settembre 2018 e terminino il giorno 8 giugno 2019, per un totale previsto di n. 204 giorni di lezione”, afferma che “le istituzioni scolastiche, nel rispetto del monte ore annuale, pluriennale o di ciclo, previsto per le singole discipline e attività obbligatorie potranno modulare l’articolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali (settimana corta)”.
Ma le scuole che sceglieranno la “settimana corta” non potranno svolgere 204 giorni di lezione, per cui la Regione Campania chiede alle scuole due cose incompatibili.
Gentile ministro Bussetti, chi Le scrive è un padre che ha sperimentato per il proprio figlio che frequenta la scuola media inferiore, i gravi danni apportati dalla “settimana corta”, dal punto di vista didattico ed organizzativo. Sono anche un docente di scuola media superiore, per cui Lei è il mio Ministro. Anche Lei è stato un docente ed ha insegnato legislazione scolastica all’Università Cattolica di Milano e di Pavia. Le chiedo quindi di intervenire con la Sua competenza ed autorità per ristabilire nelle scuole il principio di legalità, chiarendo che la “settimana corta” è illegale e quindi non può essere attivata. Glielo chiedo non solo perché le istituzioni scolastiche non possono operare nell’illegalità, ma soprattutto per il bene dei nostri figli, soprattutto di quelli con maggiori difficoltà nell’apprendimento, con disturbi specifici di apprendimento o bisogni educativi speciali, che sono i più danneggiati dalla “settimana corta”.
Dopo un anno il ministro Bussetti non ha risposto alla mia petizione, per cui il 16/7/2019 gli ho inviato un messaggio PEC, avente per oggetto “Ricorso contro la settimana corta a scuola”. Nel messaggio ho evidenziato l’illegalità della “settimana corta”, ed ho chiesto al ministro “di intervenire ufficialmente per ripristinare la legalità in tutte le scuole che hanno adottato la “settimana corta”, facendo tornare gli studenti a scuola il sabato dal prossimo anno scolastico 2019/2020”. Ho anche specificato “che ai sensi dell’art. 16 della legge 86/90 che ha modificato l’art. 328 (Rifiuto d’atti d’ufficio – Omissione) del Codice Penale, la risposta al suesposto ricorso dovrà pervenire allo scrivente nel termine di 30 giorni dal ricevimento dello stesso”.
La denuncia
Allo scadere dei trenta giorni il ministro Bussetti non mi ha dato alcuna risposta, per cui il 16/8/2019 ho provveduto a presentare alla procura della Repubblica di Roma una denuncia contro il ministro Bussetti per i reati p.e.p. dall’art. 328 c.p..
È evidente che il ministro Bussetti a tutt’oggi non ha risposto alla mia richiesta perché è favorevole alla “settimana corta” (come dichiarò nell’intervista al quotidiano “La verità” del 3/9/2018), ma d’altra parte non può smentire l’illegalità della “settimana corta”, e quindi ha scelto il silenzio. Ma ciò dimostra la correttezza di quanto da me scritto: per ripristinare la legalità non c’è altra possibilità che l’abrogazione della “settimana corta”.
Anche il quotidiano “La Città” ha riportato il 24/8/2019 la notizia della mia denuncia al ministro Bussetti.
Qualcuno potrebbe pensare di opporre alle mie argomentazioni, la sentenza del TAR Veneto del 02/08/2018 n. 00842/2018, che ha affermato che la “settimana corta” non è in contrasto con il numero minimo dei 200 giorni annui. Dimostrerò di seguito in maniera incontrovertibile che non è così.
La suddetta sentenza così recita: “Con il secondo motivo di gravame il ricorrente censura la violazione dell’art. 74 D.Lgs. N. 297/1994 capo V PUNTO 3 e art. 7 punto 3 e 5. Secondo il ricorrente, atteso che “allo svolgimento delle lezioni sono assegnati almeno 200 giorni”, se dalle giornate del calendario scolastico stabilito dalla Regione (mediamente 270 giorni annuali) togliamo le domeniche, le festività obbligatorie, i giorni di sospensione obbligatoria delle lezioni determinate dal Ministero dell’Istruzione, i giorni effettivi di lezione sono di poco superiori ai 200 giorni; se con la settimana corta togliessimo tutti i sabati il risultato sarebbe di circa 170 giorni effettivi di lezione (se non addirittura meno) all’anno e di conseguenza nettamente inferiore rispetto al minimo consentito. […]
La censura, comunque, si rivela infondata, atteso che – come condivisibilmente chiarito dalla citata sentenza T.A.R. Liguria, sez. II, 21 gennaio 2016, n. 59 – il numero minimo di giorni di lezione legislativamente previsto comporta, anche tenuto conto della norma che stabilisce il monte ore di lezione per ciascuna scuola, la strutturazione del calendario e conseguentemente dell’orario su sei giorni settimanali.
Risulta, infatti, agevolmente intuibile che ove il numero minimo di giorni di lezione fosse riferito ad una calendarizzazione su cinque giorni settimanali il monte ore di ciascuna scuola sarebbe ampiamente superato; in definitiva, il calendario scolastico, e prima di esso la norma di riferimento, è stabilito con riferimento ad una articolazione su sei giorni settimanali anziché cinque.
Tuttavia, la stessa sentenza pacificamente conclude nel senso che è concesso alle singole Istituzioni scolastiche la facoltà, pienamente rientrante nell’autonomia scolastica, di strutturare un orario settimanale su cinque giorni; ritiene il Collegio che tale scelta non implica alcuna violazione del predetto parametro – numero di giorni – (proprio nel presupposto che detto parametro è fondato su una articolazione su sei giorni settimanali, anziché cinque).
In altri termini, la normativa vigente non impone alle scuole una particolare articolazione settimanale delle lezioni, limitandosi a prevedere la “distribuzione minima” in cinque giorni alla settimana e lasciando loro la possibilità di scegliere discrezionalmente tra “settimana corta” (che non incide, violandolo, sul termine minimo di 200 giorni di lezioni) e “settimana lunga” (fine della citazione della sentenza).
Ma l’argomentazione del TAR Veneto secondo cui l’orario settimanale su cinque giorni “non implica alcuna violazione del numero di giorni” è insostenibile.
Infatti la possibilità sancita dall’art. 5 D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275 emanato in attuazione dell’art. 21 L. 59/97, rubricato autonomia organizzativa, stabilisce: “Gli adattamenti del calendario scolastico sono stabiliti dalle istituzioni scolastiche in relazione alle esigenze derivanti dal Piano dell’offerta formativa, nel rispetto delle funzioni in materia di determinazione del calendario scolastico esercitate dalle Regioni a norma dell’articolo 138, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. 3. L’orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole discipline e attività sono organizzati in modo flessibile, anche sulla base di una programmazione plurisettimanale, fermi restando l’articolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto del monte ore annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline e attività obbligatorie”.
Il suddetto art. 5 stabilisce che i giorni di lezione devono essere non meno di cinque e che deve essere rispettato il monte ore annuale. Ma nulla afferma riguardo al numero di giorni minimo di lezione, lasciando alle Regioni la determinazione del calendario scolastico. Tuttavia “la determinazione delle date di inizio e di conclusione delle lezioni ed il calendario delle festività devono essere tali da consentire, lo svolgimento di almeno 200 giorni di effettive lezioni” (art. 74 d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297). Ora il DPR 275/1999 all’art. 17, abrogando alcuni articoli del suddetto d.lgs. n. 297/1994, ha conservato il citato art. 74, che resta in vigore, per cui devono sempre essere svolti minimo 200 giorni di lezione. Dunque il silenzio del DPR 275/1999 sul numero minimo di giorni implica che ogni scuola deve rispettare sia il monte ore annuale che i 200 giorni in cui si esplica tale monte ore. Non si può affermare che basti rispettare il monte ore annuale. La conclusione è che il DPR 275/1999 ha consentito solo teoricamente la “settimana corta”, ma non essendo intervenuto sul numero minimo di giorni, di fatto la “settimana corta” non può essere attuata. La conferma viene proprio dalla sentenza citata dal TAR Veneto, cioè la sentenza n. 59 T.A.R. Liguria, sez. II, 21 gennaio 2016, che afferma: “il numero minimo di giorni di lezione legislativamente previsto comporta, anche tenuto conto della norma che stabilisce il monte ore di lezione per ciascuna scuola, la strutturazione del calendario e conseguentemente dell’orario su sei giorni settimanali. Risulta, infatti, agevolmente intuibile che ove il numero minimo di giorni di lezione fosse riferito ad una calendarizzazione su cinque giorni settimanali il monte ore di ciascuna scuola sarebbe ampiamente superato. In definitiva il calendario scolastico, e prima di esso la norma di riferimento, è stabilito con riferimento ad una articolazione su sei giorni settimanali anziché cinque”. Sottolineo la frase determinante: “il calendario scolastico, e prima di esso la norma di riferimento, è stabilito con riferimento ad una articolazione su sei giorni settimanali anziché cinque”. Il TAR Liguria da un lato riconosce “la facoltà, pienamente rientrante nell’autonomia scolastica, di strutturare un orario settimanale su cinque giorni”, ma poi riconosce implicitamente un vuoto normativo, ove è costretto a ricorrere ad un’ipotesi, affermando “risulta, infatti, agevolmente intuibile che ove il numero minimo di giorni di lezione fosse riferito ad una calendarizzazione su cinque giorni settimanali il monte ore di ciascuna scuola sarebbe ampiamente superato”. Cioè se la “settimana corta” rispettasse il minimo di 200 giorni si supererebbe il numero di ore annuali. Il TAR Liguria riconosce quindi che non esiste una legge che stabilisca il numero minimo di giorni compatibile con la “settimana corta”. Successivamente infatti afferma che “il calendario scolastico, e prima di esso la norma di riferimento, è stabilito con riferimento ad una articolazione su sei giorni settimanali anziché cinque”.
In altri termini il DPR 275/1999 per consentire la “settimana corta” avrebbe dovuto abbassare il numero minimo di giorni per renderlo compatibile con il monte ore annuale previsto per le singole discipline. Cosa che non ha fatto. Sbaglia dunque il TAR Veneto nell’affermare che “l’orario settimanale su cinque giorni non implica alcuna violazione del predetto parametro – numero di giorni” perché il detto numero di giorni non è stato né abrogato, né modificato e quindi deve essere sempre rispettato. Qualsiasi diversa interpretazione dell’art. 5 D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275 andrebbe oltre l’intenzione del legislatore sia del suddetto DPR, che del d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297.
A questo vuoto normativo ha cercato di porre rimedio la Regione Lazio, la quale ha ratificato il calendario per l’anno scolastico 2019/2020 (vedi Circolare n. 332989 del 02/05/2019), stabilendo il numero minimo di 206 giorni di lezione (per gli Istituti scolastici che hanno l’orario articolato su 6 giorni alla settimana); invece il numero minimo è di 171 giorni di lezione (per gli Istituti scolastici che hanno l’orario articolato su 5 giorni alla settimana). Ma tale atto è comunque illegittimo, in quanto le Regioni non possono emettere norme in contrasto con quelle nazionali. Altre regioni, non fanno alcun cenno alla possibilità della “settimana corta”. Per esempio la Regione Campania, per il prossimo anno scolastico 2019/2020, prescrive un totale previsto di n. 204 giorni di lezione, ovvero di n. 203 giorni di lezione qualora la festività del Santo Patrono ricada in periodo di attività didattica (vedi DGR n. 176 del 24/04/2019).
La conclusione è che, secondo le leggi nazionali e regionali, la “settimana corta” è illegale e non può essere attuata. Il combinato disposto dell’art. 5 D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275 e dell’art. 74 d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297 non consente la “settimana corta”.
Pasquale Violante
docente dell’I.I.S. “Antonio Pacinotti” di Scafati (SA)