Il Redattore Sociale solleva i casi di alcuni bambini fortemente colpiti da spezzoni di film o di letteratura dall’impatto emotivo violento, fatti vedere in occasione della giornata della memoria: cosa accede se, tra questi, c’è chi ha una sensibilità maggiore, o un problema di gestione delle emozioni?
“Mio figlio, autistico, rifiuta quelle parole”. Isabella ha “un grosso problema da affrontare: mio figlio Andrea, autistico, che frequenta la prima media, come tutta la classe, ha avuto da imparare una poesia per la giornata della Memoria: Scarpette rosse. Ma non vuole sentire l’espressione ‘bambini morti’: che devo fare?”. Racconta che “mio figlio è tornato a casa con questa poesia da imparare. Anche tra le altre mamme c’era scompiglio, molte si chiedevano se fosse il caso di proporre ai ragazzi un testo così crudo. Io ho proposto comunque di provarci. Ma è stato impossibile: di fronte a certe parole, mio figlio si chiudeva completamente, si bloccava. E così, insieme a mio marito, ho dovuto rinunciare. Abbiamo contattato subito la neuropsichiatra che segue Andrea, perché ci rendiamo conto che in questi giorni, i ragazzi sono martellati da queste immagini e da questi racconti: è giusto che sappiano, ma mi chiedo se non sia possibile filtrare queste informazioni, in un modo adatto a loro. In questi giorni, sappiamo che vedranno anche dei filmati e questo in particolare ci preoccupa molto: mio figlio ha delle reazioni forti di fronte alle immagini violente, motivo per cui anche a casa evitiamo di fargli vedere certi film. Ora la neuropsichiatra proverà a parlare con le insegnanti, per cercare insieme un modo per insegnare questa parte di storia a mio figlio”.
“Il rischio è banalizzare e ritualizzare”. Allora, vien da chiedersi, se da un lato è giusto e importante che i bambini conoscano questa pagina di storia d’Italia e del mondo, dall’altro quali rischi si corrono introducendo a questi temi bambini ancora piccoli? E quali attenzioni bisogna avere, perché la trasmissione di questa conoscenza sia adeguata alle loro capacità e sensibilità?
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Lo abbiamo chiesto, scrive Il Redattore Sociale, a Ernesto Perillo, autore di libri sull’insegnamento della storia e della Shoah in particolare, nonché membro dell’associazione “Clio ‘92” (ricercatori e insegnanti sull’insegnamento della storia) e coordinatore della rete Geostorie. “Il punto cruciale, soprattutto nella scuola primaria, ma anche nella secondaria, è costruire una riflessione con i bambini su questo tema, che sia adeguata al loro livello cognitivo ed emotivo. L’approccio che suggeriamo, come associazione, è quello che parte da testimonianze ed esperienze concrete, facendo conoscere ai bambini storie possibilmente vere. E, a partire dall’interrogazione di questi materiali, ricostruire le vicende concrete di persone con un nome, un cognome e un’identità precisa”. Per esempio, si può scegliere di “approfondire l’aspetto legato alla scuola e alle leggi razziali , che hanno discriminato studenti e insegnanti”.
I rischi, però, nell’insegnamento di questa pagina di storia, non mancano: “soprattutto il pericolo di una conoscenza episodica e provvisoria, in mancanza di una mediazione didattica opportuna”: In questo senso, presentare ai bambini materiale inadeguato, o testi inadatti alla loro età, rischierebbe non solo di turbarli emotivamente, ma anche di non produrre una conoscenza stabile ed efficace. “Non si può affrontare tema di Shoah, confinandolo al 27 gennaio – afferma Perillo – Quando è stata introdotta la Giornata, per qualche anno c’è stata un’attenzione molto alta: ricordo, negli anni immediatamente successivi al 2000, numerose iniziative e proposte anche ministeriali. Ora, mi pare che anche la pagina del Miur dedicata si stia impoverendo, così come vanno diminuendo le iniziative e le proposte per gli studenti e gli insegnanti. Il rischio, insomma, è soprattutto quello della banalizzazione e della ritualizzazione della Giornata, senza un impatto vero nel percorso formativo dei ragazzi”.