In libreria da qualche giorno “La Sicilia bombardata. La popolazione dell’Isola nella Seconda guerra mondiale (1940-1943)”, scritto dall’attuale ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, con prefazione del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, Rubettino Editore.
Saggio storico, pubblicato proprio allo scoccare dell’80° anniversario dello sbarco in Sicilia delle truppe Alleate nella notte tra il 9 e i 10 luglio del 1943 nel corso della cosiddetta “Operazione Husky”. E saggio pure impegnativo per il reperimento delle fonti, considerato il pulsare di contraddizioni ancora non cessate del tutto. In ogni caso, si raccontano i tre anni che sconvolsero la popolazione siciliana, sotto il martellamento degli aerei inglesi che a Malta avevano trovato la loro base strategica e che la nostra marina non riuscì mai a conquistare, nonostante ne avesse avuto le possibilità, compreso il pieno dominio sul mediterraneo.
E dunque i bombardamenti sulle città siciliane che si fecero sempre più massicci e micidiali dopo la caduta delle colonie in Afirica e di Tobruk (dove la nostra contraerea riuscì ad abbattere l’aereo con Italo Balbo il 28 giugno del 1940) da parte degli inglesi tra il 9 e il 10 dicembre 1940. La Sicilia allora, come nel suo millenario destino, diventa di nuovo terra di terrore e di conquista, e nel 1943 testa di ponte per l’ulteriore espansione delle truppe alleate contro il nazifascismo verso l’Europa e Berlino, smentendo così le parole del duce secondo il quale il sacro suolo siciliano mai sarebbe stato toccato dal nemico.
E invece, non solo fu il primo a essere occupato, ma pure a venire terrorizzato dai bombardamenti, da Palermo a Catania, da Trapani a Messina, compresi i piccoli centri dell’entroterra. E all’interno di questi ferali fatti la vita nei rifugi, il razionamento, il contrabbando, la propaganda spesso fallace, lo sfollamento, i morti, i drammi quotidiani, quelli che la storia a scuola non approfondisce. E poi mille aneddoti di uomini di potere e di gente comune, di nobili privati persino dell’essenziale e di contadini costretti a cedere il frumento agli ammassi, patendo perfino la fame. Qui però, su questi versanti, Musumeci diventa lirico, sembra soffrire delle tristi condizioni della sua gente e sfodera il linguaggio a lui congeniale, quello del giornalista d’inchiesta, non lasciandosi sfuggire particolari anche minuti per descrive quel popolo che ama.
E poi lo sbarco alleato da Gela ad Augusta e i 38 giorni che scombinarono l’Isola, coi combattimenti per conquistarla, tra ciò che rimaneva del regio esercito e della Wermacht contro i bene equipaggiati alleati, al cui seguito le truppe marocchine, i goumier, come sembra sia capitato a Capizzi e a Licata, avrebbero lasciato una scia di violenze e stupri di cui si cerca di capirne ancora la portata. Ma c’è anche la battaglia di Troina, “la più sanguinosa”, e poi a Castiglione, a Randazzo e con l’altra violentissima al ponte Primosole presso Catania; e anche la chiara constatazione, avvenuto lo sbarco, che in Sicilia mancava di tutto dal cemento ai cannoni, dai reticolati ai pennelli per mimetizzare le postazioni.
Non pare sia nulla trascurato in questo impegnativo saggio di Musumeci, comprese le festose accoglienze degli alleati da parte della popolazione e le conseguenti spesso affrettate deportazioni di federali e di podestà ritenuti compromessi col fascismo a Priolo; ma pure il resoconto dei numerosi sbandati che lasciarono le armi alla mercè del futuro banditismo degli Avila, dei Rizzo fino ai Giuliano e alla strage del Feudo Nobile.
Ma con l’ingresso degli americani, scappa pure il fascismo e si presenta un antifascismo inconsueto, nelle sembianze perfino di Antonio Canepa che tenta un sabotaggio, mentre circa diecimila civili restano sul campo, vittime di una guerra feroce e da loro non certamente voluta. Libro colmo di fatti, eventi, personaggi e perfino di vendette oscure, mentre l’Amgot verifica i registri coi nomi di presunti e no sostenitori del vecchio regime, tra cui ancora una volta si inserisce la mafia e i mafiosi: che ruolo ebbe l’organizzazione nel corso di quegli eventi, visto pure, secondo quanto scrive Musumeci, che aveva i conti aperti col regime che l’aveva tenuta sotto scacco tanto tempo?
Non manca neppure un capitolo sulle donne come bottino degli alleati, coi matrimoni di guerra, promessi e taluni mai realizzati, nella convinzione fra l’altro di una sorta di genetica barbarie dei siciliani, giudicati dagli alleati sporchi e cattivi, grazie pure a una diffusa ignoranza e una incontenibile fame e sete, non solo di pane, ma anche di giustizia e dignità.
( La stessa recensione è uscita oggi sul quotidiano La Sicilia di Catania)
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