Ma la parola deve dare seguito all’azione, soprattutto se la sintesi dialettica viene raggiunta per una nuova riproposizione che poi si avvia naturalmente al suo superamento, ma dopo che è stata fissata, la sintesi. Ed è stata fissata la sintesi delle tre giornate siciliane volute dal Pd di Renzi? E chi lo sa, visto che il leitmotiv è stato quello del “nulla di definitivo”, “intanto si discute”, “valuteremo coi dirigenti e col premier”, “facciamo solo proposte”, “ci stiamo confrontando”, “questo è un cantiere”, da dove però si ha l’impressione che la nave sia lungi dall’essere varata, almeno secondo il progetto complessivo, benché si sia capito che anche a Roma, al Miur, si implementano cantieri-scuola. Cosicchè mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata, e siccome siamo tutti in ferie, nonostante la crisi, nulla di strano che intervenga una sintesi differente da quella discussa e ricavata; oppure che sia frutto di troppe, ulteriori, altre sintesi e che il cammello si trasformi in leone improvvisamente nel deserto dell’incertezza, in modo che dal cilindro sulle sabbie d’agosto si materializzi qualche coniglio bianco in cerca di un orologio che porti indietro il tempo, quando le parole d’ordine erano: credere, obbedire, combattere.
E perché no, visto che di dogmi le fosse son piene, e allora: credere nelle virtù taumaturgiche del presidente del consiglio diventa un atto di fede, non di autodafè che riguarda il burnout; e poi obbedienza nelle sua decisioni, mentre l’ora delle riforme attese da decenni batte solenne nell’orologio della storia d’Italia; il combattimento poi già lo conosciamo ed è quello che ogni giorno ci è imposto dalla condizioni generali della vita e lo conoscono pure i docenti, ma quando sono a scuola, sotto l’imperio di tutte le incombenze che cascano sulla cattedra per decisione ministeriale, del dirigente, dei ragazzi, delle famiglie e perfino talvolta del personale che per una fotocopia ti fa stirare il collo.
La sintesi dunque delle tre giornate “terrasiniane”? Se verrà, ci auguriamo che non sia troppo diversa dalla sintesi elaborata e uscita dai gruppi di lavoro che si sono confrontati sui temi che da anni, troppi anni, affliggono la scuola. E siccome, crediamo, che ci sia sempre qualcosa che si interpone fra terra e cielo, e che il fiume più è impetuoso più i guadi sono azzardati, bisognerà sempre attendere i costruttori di ponti, i “pontifex, e in questo nostro caso il “pontefice toscano”. È lui, viene sempre ripetuto, a rappresentare l’ultima spiaggia, l’ultimo baluardo per la riconquista dei valori italici, come lo fu Arminio a Teutoburgo o Toro Seduto a Little Bighorn. Gli sguardi dunque sono rivolti ancora verso gli acquartieramenti renziani, in attesa delle sintesi delle sue trombe e nella speranza ulteriore che non si pongano in antitesi con le campane del popolo della scuola, più aduso tuttavia alle campanelle tra un’ora e l’altra di lezione.
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