La società e la scuola di fronte alla questione disciplinare
Sulla vicenda di Alessandria, interviene anche l’AESPI, l’Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante. Di seguito il comunicato.
Sono irritati i genitori degli studenti protagonisti della gazzarra (a dir poco) che in quel di Alessandria ha avuto come vittima un’insegnante la qualeaveva la pretesa di svolgere, come richiestole, una supplenza.
“Non è vero – dicono essi – che sia stata legata alla sedia e presa a calci, sono stati demonizzati ingiustamente”. Di seguito una cauta ammissione: “è vero che hanno mancato di rispetto a un’insegnante che peraltro ha delle difficoltà fisiche, deridendola e non dando ascolto alle sue richieste, è vero che è intervenuto un ragazzo più grande a riportare ordine …” (rip. Da Corriere della Sera) dove ciò che più ci indigna è il “peraltro” con quel che segue. Forse per i genitori il fatto di avere delle difficoltà fisiche deve essere rubricato come fattore scatenante degli sberleffi (ammesso che si sia trattato solo di questo) e tale da giustificare i medesimi, con un meccanismo simile a quello che porta i “bulli” a prendere di mira il compagno di classe più mite e indifeso, meglio ancora se disabile.
D’altra parte la scuola non fa una figura migliore dei genitori. Un mese di sospensione “con obbligo di frequenza” è un miserabile infingimento che significa non altro che: “tutti assolti”. E doverosamente ringraziamo il “ragazzo più grande” che ha “riportato ordine” sperando che l’abbia fatto, lui che può, anche affibbiando qualche sonoro scapaccione.
D’altronde non dubitavamo di una simile conclusione: la scuola italiana è ormai un luogo in cui la lezione è un evento bellico che gli insegnanti-fantaccini combattono con armi spuntate e dove molti generali (leggi: dirigenti scolastici) ordinano subito la resa a discrezione.
Insomma siamo di fronte al classico circolo vizioso: la società e la scuola sono vasi comunicanti che si inquinano a vicenda, ed è vano sapere che la prima salvi la seconda, o viceversa. Resistono le scuole in cui i docenti fanno fronte comune, e dove i dirigenti non sono inginocchiati di fronte ai genitori-avvocati d’ufficio dei loro figli (chi scrive queste note insegna per fortuna in una di queste) e resistono le famiglie dove si insegna ai ragazzi il rispetto per l’autorità e per la cultura.
Nel frattempo si profila un nuovo governo nazionale, dunque una nuova direzione del MIUR dopo quella che abbiamo visto all’opera e circa la quale, come dice il poeta, “il tacere è bello”. Capirà il nuovo ministro che, piuttosto che baloccarsi unendo e scomponendo i cicli scolastici come giocasse col Lego, dovrà mettere mano alla situazione della disciplina, rendendo più snelli e severi i relativi procedimenti in modo che funzionino come deterrente?