Cento anni fa il mondo fu investito da una delle più terribili epidemie della sua storia, la Spagnola, chiamata così perché fu descritta dai giornali della Spagna, nazione che, non essendo impegnata nella Prima guerra mondiale, non aveva motivi di nascondere le stragi non solo per colpa delle bombe nei fronti di battaglia, ma anche quelle dovute alla terribile epidemia.
Se dunque quella stessa epidemia dovesse diffondersi oggi, il conto delle vittime non si fermerebbe a 50 milioni, come accaduto nel 1918, ma potrebbe addirittura salire fino a 147 milioni, a causa delle mutate condizioni socialie demografiche, dei cambiamenti climaticie della sempre più diffusa antibiotico-resistenza.
Il primo fattore da tenere in conto è la virulenzadel ceppo influenzale: oggi è più facile valutare il potenziale pandemico di un nuovo virus, ma – spiegano i ricercatori – bisogna creare un adeguato sistema di sorveglianzache sia attivo in tutto il mondo. Questo sarà ancora più importante dal momento che i cambiamenti climatici cambieranno i comportamenti degli animali che fungono da ‘riserva’ del virus, per esempio modificando le rotte migratorie di molte specie di uccelli.
Inoltre, la perdita di raccolti e la malnutrizione da un lato, l’antibiotico-resistenza, l’obesità e l’invecchiamento della popolazione dall’altro, potrebbero aumentare il tasso di mortalità. In attesa di un vaccino universale, dunque, dicono i ricercatori, bisogna informare la popolazione sugli eventuali rischi in caso di pandemia e puntare sulle misure per prevenire i contagi.
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