Al di là delle buone intenzioni e delle dichiarazioni ad effetto, contano i numeri che, per la verità, non sono molto rassicuranti.
Basta leggere alcuni capitoli del DEF (Documento di Economia e Finanza) per rendersene conto.
Parliamo per esempio della spesa che lo Stato deve sostenere per pagare gli stipendi pubblici.
Nel 2013 – si legge nel documento – la spesa è ammontata a circa 164 miliardi, in calo dello 0,7% circa rispetto all’anno precedente. Tale contrazione si somma al -1,9 per cento del 2012 e alla diminuzione del 2,1 per cento registrata nel 2011 (“rafforzando – sottolinea testualmente il DEF – il trend decrescente che si è determinato dopo un lungo periodo di crescita tra il 1998 e il 2010″).
E se poi si calcolano gli stipendi in rapporto al PIL, si ha la conferma che il pubblico impiego (e la scuola soprattutto) hanno pagato in questi anni un prezzo particolarmente alto: nel 2013 la spesa è stata del 10,5% rispetto al PIL, così come nel 2012, ed in netto calo rispetto agli anni precedenti (11,3% nel 2009, 11,1% nel 2010, 10,7% nel 2011).
Tale dinamica, spiegano i tecnici del MEF, è “la conseguenza dei molteplici interventi normativi disposti nel corso degli ultimi anni che hanno comportato sia un contenimento delle retribuzioni individuali, sia una riduzione del numero dei dipendenti pubblici (-5,6% circa nel periodo 2007-
2012)”.
Il documento elenca con precisione gli interventi che hanno consentito di raggiungere tale risultato: la razionalizzazione del comparto scuola, il perdurare del blocco dei rinnovi contrattuali per il periodo 2010-2015, l’introduzione di un limite di spesa individuale rapportato alla retribuzione percepita nell’anno 2010, il riconoscimento solo ai fini giuridici delle progressioni di carriera disposte nel quadriennio 2011-2014, la decurtazione in base al numero delle unità di personale cessate dell’ammontare delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa.
Ma cosa si prevede per il futuro ?
Nulla di buono per le tasche di docenti e Ata.
“Nel quadro a legislazione vigente – si legge infatti nel DEF – la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020”.
Esaminando poi alcuni dati di dettaglio si ha la conferma che il settore della scuola è stato particolarmente penalizzato negli ultimi anni.
La spesa per i cosiddetti “consumi intermedi” (in pratica si tratta delle spese per il funzionamento ordinario di scuole, università ed enti di ricerca) è passata
da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013, mentre nello stesso periodo la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi.
Al MEF è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 e nelle Agenzie fiscali è passata da un miliardo a 1,64.
Resta da capire in che modo secondo il ministro Giannini si possa valorizzare la scuola e chi in essa lavora. Perchè, per intanto, di soldi in arrivo per il personale non ce ne sono davvero.
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