Pochi minuti di lezione e la collaboratrice scolastica annuncia davanti agli alunni che sono attesa dalla preside. Il controllo sul mio green pass ha fornito la spunta rossa di cessata validità. Inutile sostenere che la scadenza cadrà l’indomani, tanto che quel giorno uscirò in anticipo per ricevere la terza dose del vaccino.
Un sistema di controllo reputato infallibile grida superficialità. Quando mostrai il green pass sulla soglia del negozio del marchio Zara, uscì la spunta rossa, ma il commesso ebbe il buon senso di osservare la data sulla stampa della carta verde e mi concesse di entrare. Non ottengo pari trattamento in un ambiente come la scuola che, in virtù del più alto grado di istruzione di chi vi opera, dovrebbe essere più aperto.
Rifiuto un tampone: inaccettabile un bastoncino nel cervello e l’alto costo per un documento che, sottratti i tempi di attesa, mi sarebbe valso un’ora o meno prima di recarmi alla vaccinazione. Meglio donare quel denaro ai disagiati per la guerra in corso nell’est Europa.
Resta solo da liberare l’aula dai miei libri e da firmare la richiesta di permesso giornaliero al posto di quella per le due ore già agli atti.
Mi chiedo, tuttavia, se risulti corretto che la notizia della scadenza del mio green pass – vera o fasulla che possa essere – sia resa nota all’intero personale ATA come a tutti i docenti intercettati per sostituirmi, i quali hanno proseguito con il passa parola. Eppure vige la segretezza dei dati sensibili, sul rispetto dei quali è stato prescritto un corso con test finale per tutte le figure dell’istituto!
Ed è appropriato che la dirigente mi apostrofi gratuitamente «Sempre a creare problemi, lei»? Il mio CV: docente che, ad aprile, vanta una sola assenza e ha prenotato il vaccino di sabato – per smaltirne gli effetti collaterali durante la domenica – in un luogo scomodo da raggiungere, ma più vicino al plesso, così da far bastare un permesso breve. Inoltre, dato quanto recita il sito dell’azienda sanitaria regionale – “per procedere con la terza dose booster devono essere trascorsi ALMENO sei mesi dalla seconda” – mi domando se un dirigente scolastico possa mutare quanto sostenuto da medici e legge a proprio piacimento.
Infine è legittimo che un collaboratore scolastico, che neppure avrebbe dovuto essere messo a parte della situazione, commenti: «Se non vuole rispettare le regole, cambi mestiere»? Solo chi svolge un lavoro cui si accede senz’arte potrebbe dire a chi ha studiato per una vita di mutare mestiere in virtù di un green pass al massimo scaduto da dieci minuti come se fosse stato infranto un principio cardine della Costituzione.
Unica consolazione, in mezzo ad uno stralcio di umanità spiritualmente tanto povero, il sussurrare della vicaria: «Questo mi sembra accanimento». Un bisbiglio che non osa trovare voce, ma utile conferma della verità del mio pensiero.
Lettera firmata