La storia del novecento? Sconosciuta

La capacità d’intendere il presente è il “mezzo pratico” per misurare la cultura storica dei giovani: questo è il concetto che sta alla base degli interventi normativi che negli ultimi tre lustri hanno inteso riformare i programmi di storia. Ma tali interventi hanno avuto seguito? 
Un’indagine empirica della ‘Sapienza’, condotta con lo scopo di contribuire al dibattito scientifico sugli studi sperimentali in ambito educativo, dice proprio di no. 
Iniziata nel 2008 con lo studio del complesso statuto epistemico della storia contemporanea e dei “curricula” di studio vigenti nei principali Paesi europei, la ricerca sfrutta la “survey research”, basata sull’elaborazione statistica dei dati raccolti attraverso la somministrazione di appositi strumenti di rilevazione (un test e un questionario) a un campione rappresentativo di studenti neo-diplomati. E dall’esame dei risultati si è accertato che, alla conclusione del ciclo scolastico, si conosce poco la storia del Novecento, specie quella della seconda metà del secolo. 
Ciò costituisce un vuoto di conoscenza quantomeno sorprendente, se si considera non solo la vicinanza temporale, ma anche e soprattutto le forti ragioni ideali sottese all’intervento legislativo (DM 682/96) che ha riformato i programmi di storia al fine di “rendere meno indebitamente negletto” lo studio del XX secolo “sino ai nostri giorni”. 
 
Gli strumenti di rilevazione, costruiti con il concorso di un “panel” di storici contemporaneisti e validati attraverso procedure d’analisi di tipo statistico, sono stati assegnati nell’autunno 2010 a un campione di 793 studenti iscritti al primo dell’Università “La Sapienza”, di cui 621 matricole neodiplomate, in larghissima misura provenienti da indirizzi liceali. 
I risultati della ricerca hanno posto in luce un ampio deficit di conoscenza in relazione alle vicende storiche riferibili alla seconda metà del Novecento: il numero di risposte sbagliate ha infatti raggiunto il 57,3% del totale, con un tasso di omissioni molto elevato (15,7%). 
Di contro, gli studenti hanno dato mostra di possedere un bagaglio cognitivo più adeguato sugli eventi relativi alla prima metà del secolo (41,1% di risposte errate; 8,3% di risposte omesse). 
 
Questi esiti, scrive ancora Education 2.0, sono peraltro coerenti con quanto dichiarato dagli studenti in ordine al programma svolto nella classe terminale delle scuole superiori: sulla base dei dati raccolti, il 52% non ha studiato a scuola gli eventi storici successivi all’inizio della Guerra fredda, mentre oltre l’80% ha iniziato il programma con argomenti antecedenti la storia del XX secolo. 
Si tratta di un riscontro importante, sulla cui base è possibile affermare che la normativa scolastica, che prevede di riservare “esclusivamente” al Novecento l’insegnamento della storia nell’ultimo anno delle scuole superiori, viene disattesa in modo alquanto diffuso. 
 
I risultati della prova di profitto appaiono ancor più deludenti se posti in relazione al profilo in uscita dalle scuole superiori: la votazione media conseguita agli Esami di Stato risulta superiore di quasi 14 punti al voto medio nazionale e, oltre a essere positivamente correlata al profitto, si mostra capace di spiegare da sola circa il 34% della varianza dei punteggi. 
 
A questo proposito segnaliamo il libro di Antonio Gioia: “Guerra, Fascismo, Resistenza. Avvenimenti e dibattito storiografico nei manuali di storia”, Rubettino, nel quale si dice che quei 45 giorni, tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943, quando furono gettate le basi della nuova identità della Nazione (caduta del Fascismo, armistizio con gli Alleati, e quindi progettazione della pace pensando già alla ricostruzione, alla democrazia, alla libertà e a una nuova forma di Stato repubblicano), ebbene questo scorcio così complesso e colmo di aspettative in quasi tutti i manuali di storia in uso nei licei non esiste, non c’è traccia. 
Gioia, analizzando ben 32 manuali di storia per i licei pubblicati tra il 1997 e il 2009, scopre inoltre che i temi che, se sono alla base della nascita della Repubblica, sono in larghissima parte funzionali ad una storia insegnata con poco o niente problematica e sostanzialmente assertiva e avulsa dal dibattito storiografico. 

Pasquale Almirante

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