Dopo le polemiche suscitate dalle esternazioni del premier sui libri di storia “comunisti” e sui docenti che inculcano l’ideologia di sinistra, dall’opposizione non ci si aspettava proprio una caduta nel medesimo comportamento, che ha lasciato del tutto sconcertati i cittadini che sono ancora in grado di ragionare con la propria testa.
Succede che in una scuola media un docente nell’ambito della propria materia, della programmazione fatta dal consiglio di classe, e più in generale dello studio della storia del Novecento che si porta all’esame di terza, faccia eseguire la canzone del ventennio fascista “Faccetta nera”. Si tratta di una fonte storica che, in quanto tale, può essere proposta agli alunni come qualsiasi altro documento storico che serva a formare una coscienza critica. Non dimentichiamo che scopo della scuola e della funzione docente è proprio quello di “promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni”.
Ma evidentemente questa funzione istituzionale non piace né a destra né a sinistra, e c’è da aspettarsi una prossima riforma bipartisan che sostituisca la storia con qualcosa di più effimero in linea coi tempi.
Basta vedere certe dichiarazioni: la deputata del Pd Delia Murer interviene a gran voce affermando che è “gravissimo far suonare e cantare a ragazzi di tredici anni un inno al Ventennio fascista nella scuola di una Repubblica che è nata dalla Resistenza, è segno di un allentamento della tensione sui temi dell’antifascismo…Il Governo intervenga immediatamente e faccia luce su questo spiacevole episodio”. Non resta fuori neppure l’Udc, il cui portavoce nazionale Antonio De Poli dichiara: “Senza nessun dubbio noi dell’Udc condanniamo il fascismo e qualsiasi episodio che intenda valorizzarlo, a maggior ragione a scuola”.
Sbalorditivo: forse l’unica ingenuità dell’insegnante è stata quella di svolgere quanto programmato alla vigilia del 25 aprile. Si sa che tale data ogni anno scalda gli animi e rinfocola le polemiche. Anche quest’anno un casus belli andava trovato e fatto esplodere sui media.
Ma bollare come “gravissimo” lo studio contestualizzato di un documento storico (scritto, visivo o sonoro che sia) è un atteggiamento di per sé veramente gravissimo, che va a mortificare la libertà e la professionalità del docente e dell’istituzione scolastica e l’intelligenza di quei cittadini che ancora affidano alla scuola il compito di formare la personalità matura e la coscienza critica delle nuove generazioni.
Il fatto poi che questo avvenga a pochi giorni di distanza dalle dichiarazioni del premier e della deputata del Pdl Gabriella Carlucci, che a loro volta ritenevano “grave” e “vergognoso” l’indottrinamento ideologico comunista, perpetrato a loro dire da “molti libri di testo negli ultimi cinquant’anni della storia d’Italia” contribuisce ancora di più ad allontanare gran parte dei cittadini da una politica urlata e irresponsabile.
In un mondo dove trionfano volgarità e superficialità, per fortuna ci sono ancora nel nostro povero Paese le risorse di molte scuole e di molti docenti che lavorano quotidianamente e in condizioni sempre più difficili per portare avanti la propria mission istituzionale, pur bastonati da destra e da sinistra.