L’ipotesi di “stretta” normativa sulla diffamazione rischia di dare il colpo di grazie alla produzione dei libri in Italia. Con conseguenze disastrose sulla già scarsa predisposizione dell’italiano medio verso la lettura di testi più o meno impegnativi. Se, infatti, il disegno di legge sulla diffamazione, varato il 23 ottobre dalla commissione Giustizia, dovesse essere approvato definitivamente così com’è ora composto, d’ora in poi l`obbligo di rettifica verrà esteso anche ai libri: chi si sente diffamato, in pratica, potrebbe chiedere un`immediata rettifica su due giornali entro sette giorni. Obbligando gli editori ad affrontare spese e vertenze di cui non sentivano sicuramente il bisogno.
È furioso Marco Polillo, presidente dell’associazione Italiana Editori: “questo è troppo, assistiamo quotidianamente all`indifferenza della politica rispetto al mondo del libro e della lettura. Adesso ci penalizzano pure“. Perché quelle che si vogliono introdurre “sono norme contraddittorie, sproporzionate e, diciamolo chiaramente, irragionevoli. Francamente, se passa così, facciamo prima a non pubblicare più i libri“.
Polillo ritiene che in realtà “già oggi chi diffama attraverso le pagine di un libro ne risponde, come è giusto che sia“. Mentre “con questo provvedimento chi si sente diffamato potrebbe chiedere un`immediata rettifica entro sette giorni su due giornali, in modo illimitato e con sanzioni sproporzionate nei tempi e nei modi: questo diritto di replica, incondizionato e senza commento, per il nostro settore potrebbe essere davvero pericoloso perché non fa alcuna distinzione tra notizie vere, notizie sbagliate pubblicate in buona fede e notizie false pubblicate in malafede“.
Polillo ritiene che in realtà “già oggi chi diffama attraverso le pagine di un libro ne risponde, come è giusto che sia“. Mentre “con questo provvedimento chi si sente diffamato potrebbe chiedere un`immediata rettifica entro sette giorni su due giornali, in modo illimitato e con sanzioni sproporzionate nei tempi e nei modi: questo diritto di replica, incondizionato e senza commento, per il nostro settore potrebbe essere davvero pericoloso perché non fa alcuna distinzione tra notizie vere, notizie sbagliate pubblicate in buona fede e notizie false pubblicate in malafede“.
A rimetterci, secondo gli editori, sarebbero i produttori di libri di tutti i generi. Anche quelli di testo, che si utilizzano normalmente a scuola. La censura, “sia chiaro a tutti, non riguarderebbero solo i cosiddetti libri d`inchiesta ma tutta la produzione libraria, dai libri di scuola (perché non rettificare un`analisi sulla storia contemporanea?) alle enciclopedie fino alla saggistica e alla narrativa (perché non rettificare libri di mafia?)“.
Parlando a nome della categoria, Polillo dice che gli editori sono “davvero molto preoccupati. Questo provvedimento getta una pesante ombra sul rispetto di un principio cardine per la società civile e democratica come la libertà di stampa e di informazione e impatta in modo significativo sulla nostra attività di editori. Queste norme costringerebbero di fatto autori ed editori a una censura preventiva e contraria ai principi di libertà democratica, chiaramente affermati anche nella nostra Costituzione“.