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La teledipendenza? Genitori non sottovalutatela

La televisione assolve ad una funzione sociale? Partendo questa domanda l’ospedale Bambino Gesù di Roma ha realizzato un documento dal titolo ‘La teledipendenza del minore’, nel quale sostiene che la “televisione presenta messaggi educativi, culturali e sociali, ma anche delle insidie che interferiscono sui processi emotivi e di crescita del bambino”.
Nel testo, curato dalla dottoressa Flavia Cirillo, dell’unità operativa complessa di Neuropsichiatria infantile dell’ospedale romano, la fruizione del mezzo deve destare molte preoccupazioni quando lasciata a completa disposizione dei minori.
“I più piccoli sin dai primi anni di vita – sostiene il medico – sono messi davanti al televisore o per far loro passare il tempo o per farli mangiare senza capricci (perché storditi o imbambolati dalle immagini colorate dei cartoni animati). La televisione pertanto è diventata ben presto un supporto per genitori, perchè grazie ad essa, i bambini inappetenti, mangiano, e bambini in continuo movimento, si fermano”. 
Un uso distorto del mezzo televisivo può essere quindi alla base della crescita “di in un soggetto passivo rispetto alla realtà che è proposta in tv”. Sotto accusa, in particolare, sarebbe “la visione solitaria del programma”, alla base dell’aumento dell’isolamento intrafamiliare e dell’incomunicabilità: “di conseguenza il bambino – spiega Cirillo – subisce il messaggio senza possibilità di confronto con l’adulto. Inoltre è esposto continuamente ad immagini o spettacoli bellissimi o a tragedie terribili, con un susseguirsi di scene senza avere il tempo e la capacità di poter discernere tra ciò che è bene e tra ciò che è male”.
Cirillo è convinta che la tv sia anche causa di divisioni famigliari: – conclude Cirillo – progressivamente si è persa l’abitudine a stare insieme e a casa l’interlocutore preferito è diventato il programma televisivo scelto fra i tanti canali a disposizione; ma molto spesso, la televisione accesa durante i pasti, fa sì che riunirsi intorno ad un tavolo non sia più un occasione di dialogo, bensì occasione di litigi per stabilire quale programma si debba seguire. Una soluzione piuttosto diffusa è stata quella che ognuno si doti del suo personale televisore e assista in solitudine al programma preferito”.
Il problema è che i minori sono quasi sempre privi di capacità critica e di discernere tra i programmi proposti. Un limite che li esporrebbe ad assumere con maggiore facilità comportamenti anomali e devianti: “il bambino investe sulla realtà televisiva – continua la neuropsichiatra – e questa diventa il mezzo per assimilare schemi comportamentali o peggio ancora per identificarsi con i personaggi della finzione. All’interno di questo quadro, si annidano, crescono e si aggravano le diverse forme di disagio psicologico infantile e adolescenziale”.
I casi più a rischio sarebbero quelli in cui il clima familiare è teso e violento: “il bambino prova vergogna, paura e sensi di colpa e per questi motivi può andare alla ricerca di analoghe emozioni nei programmi televisivi: in tal modo – spiega Cirillo – il bambino fragile e che presenta difficoltà di relazione, attraverso la televisione, trova una pseudo soluzione al proprio malessere individuale e familiare”.
Queste situazioni sarebbe quindi alla base delle situazioni di confusione giovanile fra realtà e realtà televisiva, “che nell’adolescenza può sfociare in gravi agiti – continua il medico – dato che le immagini televisive possono plasmare l’istintualità che è particolarmente vivace in questa fascia di età. Sono noti alcuni episodi di violenza ad opera di gruppi di adolescenti alcuni giorni dopo aver visto un film violento, oppure di episodi di bullismo e di violenza filmati da un cellulare”.
In questi casi, che sembra siano sempre più frequenti, l’ospedale Bambino Gesù ha deciso di rendere noti alle famiglie alcuni consigli di base da adottare: si va dallo scegliere programmi adatti al minore all’instaurare sempre forme di dialogo e ascolto del minore; ma anche garantire la presenza di un adulto accanto al minore ed aiutarlo a scegliere il programma, cogliere lo stato d’animo del bambino che apprende le notizie in televisione e se è necessario, commentarle insieme a lui.
Per l’equipe di esperti di patologie e disturbi in età pediatrica è poi fondamentale “regolamentare gli orari di visione della Tv, in particolari quelli serali, per facilitare l’addormentamento e il sonno, oltre che favorire il movimento, i rapporti sociali e la creatività del minore”.
Tra le abitudini, invece, da sconsigliare figurano alcuni consigli di buon senso (come la visione di programmi per adulti, di scene violente e la visione della tv da una distanza ravvicinata) ed altri invece meno noti: come quelli di evitare assolutamente la visione solitaria della televisione, la contemplazione della tv nelle ore dei pasti o dello studio e permettere che il minore soffra di ipereccitabilità di fronte l’immagine televisiva. Da evitare, infine, anche la visione della televisione superiore alle due ore quotidiane.
Alessandro Giuliani

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