Home Alunni La travagliata e incongruente storia del voto in condotta nella scuola italiana

La travagliata e incongruente storia del voto in condotta nella scuola italiana

CONDIVIDI

I termini  “condotta” e “comportamento” sono usati spesso come sinonimi ma considerando che la parola “condotta” è d’uso anche in ambito penalistico e penitenziario, ad esempio esiste la “condotta criminosa”,  ed esisteva il “certificato di buona condotta”, abolito nel 1984, richiesto per accedere ai concorsi pubblici, è opportuno preferire in ambito scolastico la parola “comportamento” per indicare il senso di responsabilità e il rispetto delle regole di convivenza dimostrati  dalle studentesse e dagli studenti nel corso della vita scolastica. Ripercorrendo la storia del voto in condotta o della valutazione del comportamento è evidente che nella Scuola italiana e altrove il problema è stato sempre quello di come contrastare e contenere i comportamenti inadeguati o di bullismo di ragazze e ragazzi utilizzando metodi che sono stati e continuano ad essere soprattutto di carattere repressivo-punitivo e omologati (cioè uguali per tutti e tutte).

Già nel regolamento attuativo della Legge Casati del 1860 venivano elencate punizioni di gravità crescente anche se, ma inutilmente, furono vietate le punizioni corporali. Le punizioni di progressivo peso in base alla ritenuta gravità dei comportamenti, furono confermate nel Regio Decreto 1054 del 6 maggio1923 (il primo della riforma Gentile), poi nel Regio Decreto n. 653 del 4 maggio 1925, ed erano irrogate per comportamenti relativi alla mancata disciplina, alle offese al decoro e alla morale avvenute anche fuori dalla scuola per le quali le sanzioni partivano dall’ammonizione privata o in classe fino all’espulsione da tutti gli Istituti del Regno.

Nel 1945, in segno di rottura con il fascismo, il Ministero dell’Istruzione varò nuovi Programmi scolastici   con il contributo del pedagogista statunitense Carleton Whasburne e con essi fu eliminato il voto in condotta che poi ritorna nel 1956 con la riforma Ermini e con la dicitura di “comportamento, educazione morale e civile”.
Solo con la legge n. 517 del 4 agosto 1977 il voto di condotta per lascuola elementare e per la scuola media scompare e viene sostituito da una valutazione globale.

Ricompare poi nel 1994, con il D. Lgs. 297/94, T.U. sull’istruzione e successivamente, con l’approvazione dello Statuto delle Studentesse e degli Studenti delle Scuole secondarie, valido dal 24 giugno 1998, si specifica che i provvedimenti disciplinari debbono avere finalità educativa e tendere al rafforzamento del senso di responsabilità ed al ripristino di rapporti corretti all’interno della comunità scolastica escludendo che una infrazione disciplinare  possa influire sulla valutazione del profitto. Per le Superiori, il Regolamento dell’autonomia, D.P.R. 257/1999, abolisce la norma che stabiliva il conseguimento di un voto minimo.

La ministra Gelmini con lalegge 30 ottobre 2008, n. 169, introduce nelle Scuole secondarie il voto in condotta che si esprime in decimi eun 5, indipendentemente dai voti ottenuti nelle singole materie,può comportare la non ammissione al successivo anno di corso e all’esame conclusivodel ciclo.

Nei successivi provvedimenti, il D.P.R. 122/2009 e il D.Lgs. 62/2017, si precisano le finalità della condotta legate allo «sviluppo delle competenze di cittadinanza»: nel 2017 il voto sul comportamento nella Scuola secondaria di primo grado viene sostituito da «un giudizio sintetico» mentre nella Scuola secondaria di secondo grado rimane il voto numerico in decimi.

Ed eccoci nel 2024 con la riforma del ministro Giuseppe Valditara, che coerentemente con il lancio della sua scuola di pensiero, in realtà tristemente vecchia, che ha come asse portante “l’umiliazione come fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità”, reintroduce il voto in condotta sia alle Medie che alle Superiori e per entrambi i gradi, se non si raggiunge almeno il 6 in condotta, si verrà automaticamente bocciati. Nelle Scuole superiori, nel caso di voto pari a 6, si avrà un debito formativo e si dovrà sostenere un elaborato di educazione civica. Il voto in condotta diventa determinante per gli studenti delle Superiori in quanto il punteggio più alto nelle materie di studio potrà essere attribuito solo se il voto di comportamento assegnato è pari o superiore a nove decimi.

Tutto motivato con l’obiettivo di restituire dignità e autorevolezza oltre a fornire strumenti di difesa ai docenti, ma al netto della propaganda in realtà i docenti saranno ancora più esposti a polemiche e ritorsioni da parte degli studenti e da quei genitori che spesso difendono i figli oltre l’indifendibile; genitori che non sono più quelli che come ricordiamo reagivano in tutt’altro modo quando si portavano a casa note disciplinari e cattivi voti. E non si può negare che il voto in condotta, così come previsto, può diventare un facile strumento di ricatto per tenere zitti e buoni i collettivi studenteschi. La perversa logica che sostiene il voto in condotta cancella le più elementari teorie pedagogiche e le esperienze dei docenti che possono dimostrare che le sanzioni e le punizioni non hanno nessuna ricaduta positiva sul rafforzamento dell’autostima di ragazze e ragazzi, sulla crescita della consapevolezza e della responsabilità delle proprie azioni nonché sull’educazione al rispetto delle differenze.

Per questi motivi i docenti non trasformeranno la Scuola in un luogo ostile e ottuso e continueranno a percorrere la strada del dialogo e dell’inclusione sostenendo e rispettando le diverse opinioni e le diverse personalità.

Teresa Vicidomini Esecutivo nazionale COBAS Scuola

pubbliredazionale