L’inizio di un nuovo anno scolastico, generalmente, costituiva un periodo particolarmente delicato per gli alunni che, terminato un ciclo educativo, ne dovevano iniziare un altro. Infatti, oltre alla scontata ansia legata all’abbandono di luoghi e persone familiari e alla separazione totale o parziale dei propri compagni di classe, l’inserimento in un nuovo ambiente determinava l’inizio di quelle che possono essere definite le “paure del nuovo”.
Gli alunni presi da timore reverenziale, il problema, anche se in tono minore, è ancora oggi avvertito tra i più piccoli, provavano una forte e iniziale reazione emotiva che, difficilmente, scompariva del tutto e continuava anche con l’intervento di un cambiamento relazionale, ovvero, anche quando l’insegnante iniziava ad essere percepito come un adulto capace di offrire aiuto e protezione.
Oggi, per varie ragioni, questo cambiamento di luogo e di persone non è più interiormente ed emotivamente sentito come in passato: le famiglie sono più inclini a concludere sbrigativamente che si tratta di un passo che hanno fatto tutti, gli alunni non percepiscono più come una difficoltà importante e decisiva l’inizio di un nuovo percorso formativo e le scuole hanno già aperto i battenti agli alunni per un primo approccio con ambienti e persone non conosciute ed esercitato, così, una prima azione di rassicurazione verso un nuovo ciclo che si dischiude negli orizzonti dei fanciulli e degli adolescenti.
Così è che egli, messo da parte la novità dell’esperienza e abbandonato il timore da cui germogliavano esiti positivi e inaspettati, come il desiderio di essere accompagnato per non smarrirsi, di conformarsi ad un ambiente sconosciuto, di comprendere che esistono nuove regole organizzative da rispettare, nuovi ruoli, nuovi impegni da assumere ecc., senza alcuna insicurezza ansiogena, e senza l’apprendimento di quella serie di adattamenti che comportano l’imparare a stare a scuola, tranquillamente agisce e si relaziona alla pari con l’adulto in una simmetrica relazione.
Si può dire che l’affievolirsi o, addirittura, l’assenza di questa importante componente affettiva legata ad una sana inibizione per l’inizio di una nuova e delicata avventura, il ragazzo cambia scuola ed esce di casa per conoscere e relazionarsi con una realtà nuova, getta il minore in un anomalo processo di relazione, socializzazione e conoscenza, che va oltre quel graduale e doveroso faccia a faccia con l’altro e spezza il legame con la sorpresa, lo stupore, la meraviglia e, soprattutto, fa perdere di vista la bellezza di inedite realtà, di incontri, di attività e scoperte diverse, più o meno coinvolgenti ed entusiasmanti, che lo introducono e lo avviano alla scoperta di una dimensione nuova della sua esistenza.
Aiutato e guidato da una particolare atmosfera familiare e sociale che favorisce e preferisce esperienze educative caratterizzate da elementi informali e ludico-affettivi, l’alunno non si percepisce più come debole e indifeso, bisognoso di rassicurazioni, di aiuto da parte di adulti significativi, ma forte e potente e, quindi, autorizzato a negare a se stesso il timore, l’ossequio e il rispetto a figure carismatiche.
Si tratta di una specie di capovolgimento funzionale: il ragazzo mediante una sorta di potere onnipotente, quasi magico, riscatta, valorizza e controlla le sue motivazioni interiori e alcuni input emozionali che gli permettono di fronteggiare, superare e trasformare il timore reverenziale in comportamenti, modalità comunicative e prospettive psicologiche in grado soffocare le emozioni che il rapporto con nuove figure professionali suscita.
Questo avviene perché nella famiglia, nella scuola e nella società, i rapporti personali sono più virtuali che reali e i ragazzi non vivono più esperienze orientate a stabilire e a definire dei ruoli e, conseguentemente, dei vincoli, ma legami sostitutivi, modalità di contatto a distanza.
Pertanto, poiché il timore è un momento significativo per il superamento delle ansie conflittuali dei fanciulli e degli adolescenti, il ritorno a quella dimensione fondamentale che può essere definita “paura di base”, permette di ritrovare dei punti fermi utili per la scoperta e l’affermazione della propria identità e il recupero di un corretto rapporto con le figure significative fondato su una precisa distinzione dei ruoli, nel senso che l’insegnante deve mantenere la propria identità e il proprio ruolo istituzionale nel rapportarsi con gli alunni.
Da decenni, mode culturali e nuove formulazioni pedagogiche spingono a stabilire rapporti e relazioni tali da far emergere con sufficiente chiarezza l’immagine di un educatore eccessivamente accomodante e rassicurante.
L’invito è quello di formalizzare il rapporto, impostarlo in termini di calda umanità, senza, tuttavia, appiattire o azzerare le differenze.
È chiaro, che non si tratta creare intorno al ragazzo un clima di terrore, ma offrire un contenimento efficace delle ansie e delle difficoltà, permettendo loro di sperimentare una vicinanza emotiva particolarmente intensa con l’educatore.
Giova agli alunni, sia dal punto di vista affettivo che da quello relazionale, percepire che l’adulto non è mai un suo pari perché sa di più e può di più, e può disporre e proibire, acconsentire o negare, pur in una costante disponibilità all’aiuto.
Il dramma della civiltà e dell’educazione contemporanea consiste, soprattutto, nell’aver estromesso dai pensieri dei ragazzi, in maniera quasi definitiva, la capacità di rapportarsi e di porsi in una posizione di umile servizio e di escludere dalla loro vita ogni forma di dipendenza.
Consapevole delle difficoltà legate al tentativo di una inversione di tendenza, ritengo utile favorire a livello scolastico il sano timore, che è sì un valore che cambia con il variare dei tempi, della cultura e della storia, ma permette di riscoprire in tutto il suo valore programmatico e pragmatico quel ricco e straordinario patrimonio di buone abitudini, di libertà del cuore che ci rende adatti a vivere in funzione del rispetto dovuto a ciascuna persona.
Le preoccupazioni e le paure da sempre hanno caratterizzato il cammino formativo degli alunni e sono, in pratica, dei meravigliosi principi educativi che possono vincere la piaga più paralizzante e difficile da estirpare che possa allignare nell’uomo: la presunzione e l’egoismo.
Fernando Mazzeo