L’articolo 34 della Costituzione parla in modo molto chiaro: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. A distanza di oltre 70 anni dalla sua promulgazione, le cose però vanno diversamente: secondo uno studio dei ricercatori della Banca d’Italia, realizzato da Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio del dipartimento di Economia e Statistica e pubblicato il 16 dicembre, continuano a ereditarsi da genitori ai figli non solo reddito da lavoro e ricchezza, ma anche l’istruzione.
Anzi, negli ultimi anni il cosiddetto ascensore sociale in Italia sembrerebbe non salire. Anzi, per certi versi sembra essere tornato addirittura indietro: la mobilità generazionale è in forte crisi. Con la parte della popolazione che parte più svantaggiata, in alta percentuale di fatto bloccata allo stato d’origine.
Approfondendo le indagini della Banca sui bilanci delle famiglie italiane tra il 1993 e il 2016, dallo studio è emerso che “uno dei canali di trasmissioni delle condizioni di benessere dai genitori ai figli è l’istruzione” ed inoltre “le stime mostrano una elevata persistenza intergenerazionale nei livelli di istruzione“.
Questo accade perché le condizioni ‘ambientali’ – quale può essere il luogo di nascita, le amicizie e i familiari – sono preponderanti per il futuro del cittadino. Anche la scuola, ma spesso anche questa è scelta in base allo status di partenza.
Nella ricerca dell’istituto bancario, si sottolinea come “la mobilità intergenerazionale costituisca un elemento cruciale in termini di uguaglianza. Una società che registri possibilità di successo economico significativamente superiori in funzione delle fortune dei propri avi tende a generare scontento ed è fonte di possibili tensioni nella parte di popolazione svantaggiata. Tale circostanza costituisce poi un’alterazione dei principi di uguaglianza su cui si fondano le democrazie occidentali” e la nostra stessa Costituzione.
A poco sembra servire, per superare le diseguaglianze di partenza, che in Italia l’istruzione sia pubblica e la scuola dell’obbligo.
A pesare tantissimo, come un macigno, continua ad essere scolarità dei genitori. Addirittura sull’abbandono scolastico si riscontra una sorta di emulazione: “gli studenti – spiega il rapporto – si autoselezionano nelle diverse tipologie di istruzione secondaria (o nell’abbandono scolastico) sulla base dei risultati precedentemente conseguiti e della professione e del titolo di studio dei propri genitori. Tale meccanismo determina una segmentazione della popolazione di studenti (ad esempio tra licei e scuole professionali) fortemente correlata con le classi sociali di provenienza”.
I genitori influiscono, in particolare, sugli studi superiori: si determina, in pratica, “una segmentazione della popolazione di studenti (ad esempio tra licei e scuole professionali) fortemente correlata con le classi sociali di provenienza”.
Ne consegue che anche i redditi professionali rimangono decisamente ancorati a quelli della famiglia di appartenenza: i ricercatori sottolineano che risulta “decisamente crescente è invece il contributo dei fattori familiari diversi dall’istruzione”.
Ne consegue che “le stime dell’elasticità dei redditi da lavoro collocano l’Italia nel novero dei paesi a bassa mobilità intergenerazionale, confermando i risultati di precedenti studi”. Ciò, “restituisce l’immagine di una società che tende a divenire meno mobile negli anni più recenti”.
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