La valutazione del merito nelle immissioni in ruolo

Da alcuni anni si sente parlare di merito per il reclutamento dei docenti, senza peraltro chiarirne il significato. Solo il concorsone, stranamente, sembra essere l’unico strumento di discriminazione tra “buoni e cattivi”  nonostante siano spesso risultati occasione di mortificante nozionismo (anche mal posto) se non addirittura di  imbrogli e favoritismi come ci raccontano ogni giorno le cronache giudiziarie. Sarebbe meglio  evitarlo! Lo stesso ministro Giannini ha più volte dichiarato che la parola “concorso” è intraducibile nella maggior parte delle lingue europee in quanto inesistente. Ma veniamo a noi.

In questi giorni si parla di massiccia immissione in ruolo dalle GAE. Cosa buona e giusta dopo decenni di indifferenza ed inerzia politica che negli anni hanno prodotto la penosa situazione del precariato diffuso. Iniziativa  meritevole per sistemare (speriamo!) centinaia di migliaia di  insegnanti  prossimi all’esaurimento. Ci si è dimenticati però del merito che in ogni caso serve, va rispettato e valutato e di cui tanto parla il nostro “caro” Premier Renzi. Sarebbe dunque ora che la scalata al ruolo avvenisse per merito reale che, a mio parere, non è l’ appartenenza (talvolta fortuita) ad una graduatoria, bensì la somma dei titoli culturali, professionali e di servizio,  i soli a garantire di fatto competenze essenziali all’esercizio della funzione docente.

Sarebbe, perciò, ancora più saggio e più giusto che la scelta del  personale da immettere in ruolo (e anche per il conferimento delle supplenze annuali) avvenisse in rapporto al punteggio di ciascuno (cultura+ esperienza) indipendentemente dalle graduatorie di appartenenza che,  come sappiamo, non sempre accolgono i più meritevoli. La soluzione tecnica potrebbe essere la nomina  a pettine dei docenti abilitati della II fascia e di quelli GAE cui spetta attualmente per legge  solo il 50% dei posti vacanti fino al suo esaurimento.

In questo modo si garantirebbe la scelta meritocratica, semplice ed equa del personale precario della scuola senza stravolgimenti di leggi e senza bizantinismi pasticciati.

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