Valutare un alunno, assegnargli un voto è un momento difficile e delicato della vita scolastica, perché implica una messa in discussione dell’operato del docente se il suo lavoro in classe è stato proficuo oppure no.
E sulla valutazione spesso docenti e famiglie si trovano distanti e sembrano “viaggiare” su binari diametralmente opposti. E questa responsabilità della valutazione si fa maggiormente sentire nelle fasi cruciali dell’anno scolastico, ossia nel periodo intermedio e in quello finale in cui si sancisce la bocciatura o la promozione dell’alunno.
E il docente ha, purtroppo, questo ingrato compito di dare un voto all’alunno, che scaturisce dalla media delle prove scritte e orali, ma che non devono tenere conto soltanto della media aritmetica ma di una serie di dinamiche che riguardano la personalità dell’alunno e le varie fasi di apprendimento.
L’art. 62 del decreto delega sulla valutazione recita che “le alunne e gli alunni della scuola primaria sono ammessi alla classe successiva e alla prima classe della scuola secondaria di I grado anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione”. Tradotto in parole povere: se un alunno presenta numerose insufficienze e non ha raggiunto pienamente gli obiettivi prefissati può essere promosso, tanto li raggiungerà sine die.
Quindi promozione assicurata per legge. Però le scuole dovranno in questo caso attivare “specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento”. Escamotage per dire chiaramente all’alunno: noi ti promuoviamo ma tu dopo devi impegnarti per colmare le lacune. Come per la scuola primaria, dove fino ad ora la bocciatura era considerata un tabù, anche per la scuola media la situazione sarà identica.
Infatti in questo segmento di scuola dell’obbligo bocciare diventerà quasi un peccato mortale. Infatti, sempre lo stesso decreto delega sulla valutazione prevede che “le alunne e gli alunni della scuola secondaria di I grado sono ammessi alla classe successiva e all’esame conclusivo del primo ciclo tranne in casi di gravi infrazioni disciplinari e nei casi di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline”. Anche in siffatto caso l’alunno ottiene la promozione nelle discipline in cui presenta insufficienze, a patto che le scuole organizzino percorsi per colmare le lacune.
Ma l’alunno pensa: tanto mi hanno promosso, il prossimo anno studio il minimo sindacale tanto mi promuovono lo stesso. È un messaggio aberrante quello che la scuola invia agli alunni e alle famiglie, perché poi le famiglie vogliono che i propri figli vengano promossi. La bocciatura viene vista come una punizione inflitta all’alunno non come occasione di prendere consapevolezza di non aver studiato per un intero anno scolastico.
Ad avvalorare ancor di più il clima di maggiore tendenza a promuovere tutti sono i Dirigenti Scolastici che mantengono sempre un atteggiamento favorevole nei riguardi degli studenti grazie ad una linea di condotta che va quasi sempre nella direzione di “aiutare” l’alunno che presenta numerose insufficienze tributandogli la magica frase: “diamogli fiducia promuovendolo”.
Questo perché subentrano numerosi fattori ragioneristici, cioè la formazione delle classi, la salvaguardia delle cattedre per non parlare dei benefici economici e degli standard ministeriali che ciascuna istituzione scolastica ottiene se trasmette al MIUR un quadro molto positivo delle promozioni ottenute a conclusione dell’anno scolastico che vanno a premiare l’azione del Dirigente in termine di iscrizioni.
Allora che senso ha promuovere tutti se vogliamo puntare verso una scuola di qualità?
Mario Bocola
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