“Cos’è la burocrazia? Bisogna chiarirsi su cos’è realmente la burocrazia,” precisa Paolo Mazzoli, già direttore Invalsi, nel corso dell’appuntamento Cisl di presentazione della ricerca IPSOS (indagine dal titolo Comprendere la scuola oggi, i punti di vista degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e dei genitori).
“Ad esempio: rispondere a una chat whatsapp di scuola non è burocrazia, lì dobbiamo imparare a gestire i media; ma allora il registro è burocrazia? Ma chi può fare a meno del registro? La valutazione è burocrazia? Per molti sì, lo dicono anche persone che amano moltissimo la scuola, ma per fare una scuola organizzata alcuni sistemi di tracciamento vanno implementati,” conclude l’ex direttore Invalsi.
Un tema particolarmente sentito nel mondo della scuola. Non a caso la ricerca Ipsos ha rivelato, come uno dei dati più eclatanti, la pessima percezione che i docenti hanno della burocrazia: l’80% di loro, infatti, la nomina dandovi un peso elevato rispetto alle altre criticità del mestiere. La burocrazia prevale su tutti gli altri elementi critici. La peste nera della professione, a quanto sembra.
Quanto agli altri risultati dell’indagine Ipsos, ecco le voci principali: la retribuzione del docente, il riconoscimento sociale e la situazione contrattuale sono elementi molto critici; ma in compenso l’insegnante si sente valorizzato nel proprio lavoro, una vocazione che porta a un’alta soddisfazione complessiva circa la professione.
Nando Pagnoncelli, che ha presentato gli esiti della ricerca, ha sintetizzato un aspetto particolarmente positivo dell’indagine affermando: “L’insegnante non si siede sul proprio sapere ma si forma continuamente e accresce le proprie competenze nel corso della sua professione. Insomma quello che viene fuori è l’immagine di un docente molto attivo. 9 insegnanti su 10 si riconoscono nella frase Per me è molto importante aggiornarmi sulle mie competenze; e più di 8 su 10 sono molto d’accordo con la frase Mi piace continuare a formarmi e aggiornare le mie competenze“.
Altri elementi significativi dell’indagine: c’è una distanza tra il vissuto della vita scolastica e il percepito: la propria scuola è in condizioni migliori rispetto al sistema scolastico nel suo complesso. Una sorta di strabismo, lo definisce sempre Nando Pagnoncelli. E una doppia valutazione proviene anche dai genitori, che hanno una visione molto positiva della scuola e degli insegnanti dei propri figli ma non del sistema.
Quanto all’esperienza scolastica nata con il Coronavirus, la pandemia ha rivelato tutta la resilienza che caratterizza la categoria: un periodo difficile, ingiusto e con conseguenze certamente dure, ma anche un’occasione di crescita che guarda al futuro, secondo il personale scolastico.
I dirigenti scolastici, messi a dura prova, sentono il forte peso delle responsabilità nei confronti dei docenti, delle famiglie e degli alunni; e dicono di sentirsi frustrati dal non potere rispondere adeguatamente ai bisogni del personale.
Un’altra questione è: quanto è soddisfatto del suo lavoro il docente? E quanto lo è il dirigente? L’indagine mostra che gli insegnanti lo sono di più dei dirigenti scolastici. Gli ambiti di insoddisfazione riguardano la retribuzione; il riconoscimento sociale, la situazione contrattuale, il bilanciamento vita professionale/vita privata.
Tra gli insegnanti che hanno più di 45 anni il livello di insoddisfazione è più elevato che nei giovani.
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