Dotti, studiosi e sapienti. Persone capaci, competenti ed esperte, insomma, si sono riunite, 0 in ben due distinti convegni regionali, nella Trinacria, organizzati (a dicembre) dalla UNIPED Sicilia.
Relatori prestigiosi (dicono le cronache) e convegni importanti per trattare e discutere ancora una volta sulla valutazione.
Il tema non era certo né nuovo né originale, da anni infatti si discute sulla validità o meno della valutazione e, eventualmente, su quale tipo di valutazione adottare.
I convegni organizzati dai pedagogisti poi, secondo quanto letto da un sommario resoconto, non avevano la finalità di aprire un dibattito sulla valutazione e di portare all’attenzione del pubblico opinioni diverse o, addirittura, contrastanti sull’argomento.
In fondo era già stato (almeno così sembra) tutto preparato e orientato. La conclusione era già scritta prima ancora di iniziare.
I convegni volevano ‘soltanto’ bacchettare (e cancellare) severamente una valutazione numerica (la valutazione intesa come misurazione), inutile e perfino dannosa per il discente e proporre una valutazione formativa ed educativa (pedagogica) atta sostenere lo sviluppo dell’identità personale di ciascun discente.
Basta dunque con questo ‘male’ della valutazione numerica (dall’uno al dieci), anzi basta con la valutazione e avanti con la valorizzazione, valorizzazione dei risultati raggiunti, per supportare il processo di apprendimento di ciascuno e attuare una didattica a misura dell’allievo, anche attraverso un percorso di auto-valutazione e auto-correzione.
Le tesi emerse nei convegni (assai ampie e articolare) sono certamente interessanti, ma non nuove (di valutazione formativa e educativa se ne parlava, a livello teorico, già nei miei vecchi manuali di didattica). I relatori dei convegni, poi, saranno stati, certamente, i massimi esperti teorici dell’educazione. Non so, però, quanta esperienza vera avessero sul ‘campo’. Forse qualche docente in attività. Per gli altri ho qualche dubbio (anche sui Dirigenti scolastici intervenuti mantengo non poche riserve, visto che, ormai, la figura del Dirigente si sta sempre più avvicinando quella di un esperto ‘amministrativo’ e si sta allontanando, a grandi passi, dalla didattica).
A mio modesto avviso, però (e non solo una mia impressione), non sarebbe ‘cosa buona e giusta’ eliminare frettolosamente la valutazione ‘tradizionale’ per un qualcosa di non ben definito preciso (almeno per ora) Precisiamo:
– La valutazione numerica (o attraverso giudici sintetici) è imprescindibile per far capire subito e direttamente all’alunno a quale livello siano la sua preparazione e la sua crescita. Dal voto, che in modo chiaro e limpido chiarisce la situazione, l’alunno potrà meditare e riflettere su come migliorare o mantenere il livello ‘formativo’ raggiunto. E ciò gioverà indiscutibilmente alla sua crescita.
– Un aperto ed ampio confronto con il docente (un dialogo a tutto campo) poi, potrà aiutarlo a comprendere (e correggere) eventuali errori metodologici e fornirgli validi suggerimenti su come affrontare una determinata tematica e, più in generale, su come interagire con la materia (da tale incontro potrà, inoltre, trarne vantaggiosi insegnamenti anche il docente).
– Infine (chi lavora sul ‘terreno’ lo sa bene) la valutazione non è certo il mero risultato di una media matematica dei voti (esiste ancora qualcuno che crede a questo?) o almeno non dovrebbe esserlo. La valutazione proposta dal docente nello scrutinio finale rappresenta il lavoro, il vissuto, la vita di un intero anno di scuola. Un periodo lungo il cui il docente ha potuto (al di là delle verifiche svolte e dei loro risultati) conoscere bene le giovani persone, dialogare e interagire con loro, coglierne tutti i minimi progressi (anche se questi non sono ufficialmente documentati), avere dalla classe, in diverse modalità, emblematici feed-back relativi al suo ‘modus operandi’ e, in base a questi, cambiare o modificare la didattica, i metodi, i comportamenti, adeguare il suo stare in classe, il suo vivere con i ragazzi secondo le loro esigenze e le loro richieste (senza mai perdere il suo ruolo di docente) per un cammino insieme verso una formazione integrale. Non è questa forse una valutazione formativa ed educativa?
Allora se da una parte è bene continuare sempre a cercare di innovarsi, anche nella valutazione, dall’altra appare consigliabile non bruciare del tutto la tradizione. Sarebbe un gesto da ‘hibris’. La soluzione migliore, a cui spesso ci si richiama (con una frase fatta) consiste nel saper sapientemente e armoniosamente unire tradizione e innovazione.
Certo, non è semplice. Occorre però provare, senza scegliere, mossi da un irrefrenabile desiderio di cambiamento (ad ogni costo) la via più semplice e meno sicura di abbandonare la valutazione numerica (o anche solo la valutazione). La valutazione è parte fondamentale della scuola. Non dimentichiamolo.
Andrea Ceriani
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