I ragazzi mandano online una petizione, chiedendo alla ministra appunto di valutare i prof, come i prof fanno con loro. Propongono pure dei questionari anonimi e con voti da 1 a 10, in perfetta sintonia con quanto la Giannini ha detto: “I ragazzi sanno chi hanno davanti e distinguono rapidamente i docenti che lavorano con professionalità e chi lo fa in maniera più stanca”.
Se gli studenti vogliono riconosciuto una sorta di diritto naturale al giudizio, alla ministra la valutazione serve per premiare i docenti nella busta paga e anche per sapere con chi si ha a che fare all’atto, per esempio, di un concorso a preside. Che però, detta così, può avere effetto consensuale presso l’opinione pubblica, adusa da decenni a sentirsi dire che i docenti lavorano poco, appena 18 ore a settimana, molti se la schiacciano dietro la cattedra, altri bighellonano e altri ancora usano la scuola come agenzia di collocamento. A parte le accuse di essere paraculi, fannulloni, sessantottini, ignoranti, neghittosi ecc. ecc.
Se però a questa notizia abbiniamo la seconda e cioè che su 27 scolari 13 sono stati sospesi per il loro comportamento, suscitando la protesta dei genitori, ci si accorge che le dichiarazioni di Giannini, con il “firmiamo la petizione”, non sono da prendere in nessuna considerazione. E non c’è nemmeno bisogno di spiegarne il motivo perché due più due fa quattro.
Chiediamo solo (domanda retorica): quale voto darebbero quei tredici ragazzi e i loro genitori se anche a loro venisse data la possibilità di giudicare quei docenti?
Riflettiamo solo su un fatto: se i ragazzi avessero in mano quel questionario anonimo con i voti per i loro insegnanti, condizionandone la paga per i prossimi anni, avrebbero i prof deliberato la sospensione? E ancora: su quale libertà, e non solo di insegnamento, potrebbero gli educatori-insegnanti- maestri inchiodare la loro professione?
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