La valutazione e l’auto-valutazione sono momenti essenziali del processo di apprendimento. Valutazione non è solo il “voto”, il numero. Valutazione è prima di tutto giudizio, indispensabile al discente come al docente per sapere se sta operando bene.
Nell’ambito della didattica a distanza diviene una esigenza inevitabile quella di costruire modelli e strumenti che permettano al docente di accertare l’esito di un processo didattico e la sua efficacia.
I modelli validi per una normale didattica in presenza sembrano non restituire un quadro autentico o quanto meno mostrano un’efficacia molto discutibile. Prove di verifica a tempo, verifiche orali, test, e tutti gli strumenti di verifica “classici” mostrano chiari limiti soprattutto in relazione alla non controllabilità del processo. In generale i metodi di verifica classici tendono alla valutazione di una prestazione. Prestazione che in una didattica online non è valutabile come unico aspetto, in quanto inficiata sia da ragionevoli dubbi circa la sua sincera autenticità sia dalla impossibilità di porre delle condizioni eque alla realizzazione di quella prestazione. Detto banalmente, uno studente che si trova in una casa piccola e rumorosa non potrà esibire una prestazione analoga ad uno studente in un contesto tranquillo durante una prova orale eseguita online; uno studente che proviene da contesti culturali più formati avrà molte più possibilità di eseguire bene una prova scritta rispetto a uno studente che viene da un contesto socio-culturale più disagiato; in una prova “a tempo” potrebbero verificarsi strani problemi tecnici agli studenti che non riescono a eseguire bene quanto richiesto, oppure gli studenti con interrelazioni sociali più sviluppate potrebbero facilmente ricevere “aiuti” da altri studenti. La criticità della didattica a distanza si riassume nella non certezza dell’autenticità degli elaborati, nella non equità delle condizioni tra vari studenti, impossibilità nell’assicurare le dovute e volute condizioni nelle modalità di esecuzione delle prove di verifica.
Tutto questo rende la valutazione secondo i metodi e i parametri classici del tutto inadeguata, o quanto meno non sempre efficace. Si vuole quindi proporre una riflessione in merito proprio alla valutazione nella didattica a distanza.
La valutazione non è semplicemente il punto finale di un percorso didattico, al contrario essa accompagna sin dall’inizio e costantemente ogni scelta didattica del docente e dello studente. Il punto focale di una valutazione è “cosa” si sta valutando, e “come” si sta valutando e con quali strumenti.
É opportuno ricordare, o almeno presupporre, che “valutazione” non è necessariamente “voto”.
Un primo approccio può essere quello di svincolare la valutazione degli elaborati dall’assegnazione di un mero voto. Dare una valutazione, cioè esprimere un commento, segnalare meriti ed errori, o possibilità alternative e di miglioramento, stimolano il discente. Lo studente, così facendo, comprende che si esercita per il proprio miglioramento. In aggiunta si affievolisce l’aspetto di ansietà che si genera nella valutazione qualora non positiva, tra l’altro in un momento nel quale le preoccupazioni sono già presenti per ben altri motivi.
Il secondo passo può essere quello di valutare il processo, non la prestazione. Attraverso una serie di esercitazioni – è essenziale che gli studenti esprimano continuità – situazioni problematiche, e non una singola “prova” di verifica, si può considerare il percorso svolto, quindi il differenziale dal momento iniziale al momento finale. Il ruolo del docente quindi non è quello di assegnare etichette, dare voti, attribuire numeri. Ma al contrario è quello di accompagnare questo processo attraverso consigli, annotazioni, ulteriori domande di approfondimento o quesiti che pongano in evidenza le contraddizioni, e quindi di fatto mettere in crisi il procedimento lineare di apprendimento, tipico della didattica trasmissiva.
Il terzo passaggio, infine, riguarda l’essenzialità dell’autovalutazione. Come nei contesti extrascolastici, dove non si ottengono dei voti, analizzare quanto si sta facendo è una presa di coscienza indispensabile nel procedere, individuare margini di miglioramento ed eventualmente correggere la traiettoria. Qualsiasi studente, deve indipendentemente dal proprio grado e dipendentemente dal proprio livello, essere in grado di portare a termine dei compiti con efficacia, e deve essere in grado di stabilire autonomamente, anche se indirizzato dal docente, cosa funziona e cosa presenta delle criticità nel proprio processo di apprendimento.
Da queste premesse, laddove possibili e condivise, è necessario individuare degli indicatori. Nell’impossibilità di valutare direttamente le prestazioni, quindi con indicatori che valutano il percorso ex-post attraverso le classiche prove di verifica, la dimensione valutativa si può svolgere su tre differenti livelli: relazionale e interattivo, cognitivo e meta cognitivo.
Sul piano relazionale e interattivo si può monitorare il modo in cui ogni stimolo è legato a quelli precedenti e ne genera a sua volta altri. In questo livello appartengono anche messaggi di semplice assenso, richiesta di informazioni, risposte semplici. Di per sé questo livello non costruisce conoscenza, salvo che il livello dell’interazione non coinvolga processi cognitivi o metacognitivi, ma spiana il substrato per la costruzione di conoscenza.
Sul piano cognitivo l’elaborazione mostra caratteri di riflessione critica, di stimolo che arricchisce il dialogo e contribuisce alla costruzione di conoscenza in modo diretto. Sono indicatori di processi cognitivi la formulazione di ipotesi, la risposta a domande complesse, utilizzo di esperienze personali.
Sul piano metacognitivo il sapere già acquisito viene ristrutturato e consente la riflessione sul percorso svolto, sugli obiettivi e le finalità che ciascuno si è posto. Atteggiamenti che mostrano la pianificazione del proprio lavoro, la formulazione di una sintesi e di un confronto inter-disciplinare o intra-disciplinare, valutazione critica del proprio lavoro o di quello di altri, sono indicatori di un processo meta cognitivo.
Tra tutti è sicuramente da privilegiare e indurre negli studenti l’aspetto metacognitivo. Inutile pensare alle prove di verifica come semplici restituzioni di contenuti, nell’ambito di una didattica puramente trasmissiva. Incrementare invece esercitazioni nelle quali sia richiesto lo sforzo del pensiero laterale, alternativo, autentico. In tal senso, non è tanto da valutare ciò che ciascuno studente sa, ma ciò che ciascuno studente sa fare con ciò che sa e ciò che ha. Non la riproduzione del sapere, ma la sua costruzione.
Un approccio valutativo che quindi esclude il voto ex-post e privilegia l’analisi del processo di costruzione di conoscenze, non entra in contraddizione con la didattica classica in presenza. Infatti, di norma, coloro che raggiungono punteggi più alti nelle normali verifiche sono quelli che hanno utilizzato nell’elaborazione delle informazioni processi di pensieri più profondi. Di contro, coloro che hanno contribuito in maniera sterile e senza elaborazione personale dei contenuti tendono ad ottenere voti più bassi anche nelle prove classiche.
Il punto arduo di questo approccio è quello di stimolare il dialogo e il confronto, è cioè scardinare la visione, comune e diffusa, di didattica puramente trasmissiva e di verifica e valutazione come livello attribuito alla restituzione di quanto trasmesso.
Questo scardinamento è possibile solo sul piano metodologico privilegiando l’aspetto cognitivo e metacognitivo dell’apprendimento. Di conseguenza, il problema della valutazione si sposta sul piano della metodologia didattica.
Alessandro Roehrssen