Al momento abbiamo solo indiscrezioni che vanno, perciò, assunte con riserva. Indiscrezioni, tuttavia, che consentono di intravedere e di delineare la prospettiva entro cui si sta movendo la commissione di studio, presieduta dal Prof.. Giuseppe Bertagna, insediata dal Ministro Letizia Moratti, per elaborare un documento che dovrebbe costituire la base della normativa per la riforma della scuola e da sottoporre, presumibilmente a dicembre, a quelli che sono stati chiamati gli Stati Generali della Scuola.
Non può, perciò, che essere vista con soddisfazione, dagli esperti di problemi scolastici, dal mondo culturale e sociale, dalle famiglie e dagli insegnanti, l’intenzione della commissione di confermare – rispetto alla cancellazione ipotizzata dalla precedente maggioranza governativa tramite i ministri Berlinguer e De Mauro – la scuola elementare di durata quinquennale e quella media di tre anni.
Come è fin troppo noto, la paventata riforma Berlinguer-De Mauro, nel nome di una mai ben delineata "scuola di base", aveva ipotizzato quella sintesi ( 5+3=7 ) in cui sarebbero dovute scomparire la scuola elementare e quella media.
Il problema, ovviamente, è ancora nella fase dibattimentale e, perciò, tutto aperto. La soluzione definitiva è molto lontana, ma la direzione intrapresa lascia ben sperare.
La scuola elementare, infatti, ha assolto nel corso di più di un secolo e mezzo, ad un ruolo fondamentale per lo sviluppo di tutta la società italiana.
Sorta per combattere l’altissimo tasso di analfabetismo, è stata sempre al primo posto nella crescita culturale, civile e morale degli Italiani. Ha seguito l’evolversi delle vicende politiche e storiche.
Per riferirci solo all’ultimo cinquantennio di vita scolastica, ci basti ricordare che la scuola elementare italiana è stata la prima a rinnovarsi sul piano didattico e metodologico aprendosi alle sperimentazioni che provenivano dall’estero senza, però, restare impelagata nelle tendenze di tipo prevalentemente psicologico-natulastiche, ponendo, viceversa, al centro della sua azione il bambino inteso come persona.
Ha saputo affrontare per prima – attraverso le classi differenziali e le scuole speciali e l’inserimento/integrazione – gli alunni difficili, con problemi o con disabilità producendo esperienze apprezzate anche all’estero.
Per prima la scuola elementare italiana si è posta, ed ha risolto, il problema della valutazione degli alunni all’interno della scuola divenuta di massa segnando, molto consapevolmente, una svolta verso una scuola di tutti, ma pure di ciascuno, mettendo, così, tutti gli alunni nelle condizioni di esercitare il diritto reale all’istruzione attraverso il principio dell’uguaglianza delle opportunità, prima, e della equivalenza degli esiti, poi.
Dovunque ci sono stati problemi sociali, lì è stata sempre presente significativamente la scuola elementare che ha accolto i suoi alunni. L’abbiamo vista tra le baracche dei terremotati e degli alluvionati. Più recentemente l’abbiamo vista varcare le porte degli ospedali per rendere meno pesante il ricovero dei bambini ammalati.
I progressi raggiunti sul piano organizzativo, metodologico e didattico, grazie ai Programmi del 1985 e alla legge di riordinamento, ne hanno fatto uno dei segmenti più apprezzati anche da insospettabili organismi stranieri.
Ovunque ha acquisito meriti ed è stata apprezzata. Cancellarla con un semplice colpo di..spugna nel nome di una generica "scuola di base" sarebbe stato un grosso errore per le generazioni future.
Sostenerne la validità, tuttavia, non significa confermarla nello stato attuale. Occorrerà, infatti, ridisegnarne il profilo, innanzitutto confermandone la durata quinquennale, all’interno del globale progetto della riforma alla quale sta lavorando la commissione.
Non eliminarla, in definitiva, ma rivederne la struttura, i curricoli, l’organizzazione ecc. Queste sembrano essere, giustamente, le intenzioni degli esperti cui il ministro Moratti ha assegnato un così arduo compito. Queste sono, sicuramente, anche le aspettative di quanti hanno a cuore la scuola elementare italiana.