Ma pochi ne parlano e non sembra interessare molto neanche i governi regionali del meridione. Eppure il rapporto Svimez è chiaro quando afferma che la vera emergenza è l’emigrazione dal nostro Sud verso il Nord e verso l’Europa.
“Dal 2002 al 2017 sono emigrati oltre 2 milioni di meridionali. Una catastrofe demografica; cui si aggiunge il calo degli investimenti, del credito e della ricchezza”. L’opposizione al Governo Giallo-Verde non lesina accuse, anche se il fenomeno è appunto antico ed è da anni che le società di statistiche lo indicano.
Da qui pure l’indignazione contro la cosiddetta autonomia differenziata delle Regioni del Nord, che molti chiamano ormai la “secessione dei ricchi”.
Dunque quale alternativa rimane al Sud per non spopolarsi? Interi paesini dell’interno della Sicilia, per esempio, rischiano nel giro di qualche decennio di scomparire del tutto, presi nella morsa della mancanza di lavoro per i giovani e di attività produttive che segnino il futuro.
E inevitabilmente questo esodo si percuoterà nella scuola, perché sono sempre meno i bimbi che si iscrivono alle prime classi, mentre sia i comuni sia i dirigenti nulla, o pochissimo, fanno per aumentare i tempi della scuola, considerata l’assenza quasi cronica di mense, di scuola bus e di locali idonei.
Se non si avviano al più presto piani di investimenti pubblici, di supporto alle imprese sane e dinamiche, di rilancio dei servizi pubblici, scuola, sanità, università e ricerca, intere zone del mezzogiorno d’Italia subiranno una desertificazione demografica senza precedenti.
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