Come è noto, inaugurando l’anno scolastico, il ministro Profumo ha confermato che il decreto, con cui verrà assegnato ad ogni classe un pc e a due professori su tre del Sud un tablet, è quasi operativo; ma è anche fra breve operativo il registro elettronico e la dematerializzazione delle pratiche burocratiche delle scuole.
Tralasciando tuttavia le polemiche di alcuni politici della Lega Nord che strumentalmente tacciano sulla provenienza europea di quei fondi, diretti solo per quattro regioni in base alla legge obiettivo-1 per il Mezzogiorno, e che consentiranno di dotare di tablet due professori su tre del meridione, in tanti temono che si vada sempre di più verso lezioni scolastiche impersonali e molto, troppo, legate a un pc; che con l’uso sempre più massiccio di computer, iPad, ecc, in classe si vada perdendo quel forte legame personale e “caldo” tra professori e alunni.
Un ragazzo, dicono tanti commentatori, per crescere e imparare ha bisogno di un insegnante che lo guardi negli occhi e ci parli, che ci scambi delle idee in un rapporto intenso.
Da altre fonti invece cogliamo l’invettiva a usare meglio i fondi del ministero, che si potevano dirottare, con risultati più attendibili dicono costoro, verso l’edilizia scolastica, gli arredi, le classi pollaio, l’aggiornamento dei prof e così via.
Sono tutte osservazioni che oggettivamente non fanno una piega, ma nello stesso tempo appare sempre più evidente che non si possa oltre procrastinare un processo irreversibile, quello appunto dell’informatizzazione della didattica. Anzi crediamo proprio che si debba aprire un vasto e articolato dibattito, anche perchè ormai, da qualunque punto di vista si voglia osservare il problema, la strada è tracciata ed essa porta la scuola a fare i conti, e li farà, con la tecnologia e i nuovi sistemi informatici.
Ignorare l’imbocco verso questa nuovissima tangenziale appare anche un po’ nostalgico. Si potrà allontanare la questione, respingerla per qualche altro anno ancora, ostacolarla, ma il processo è irreversibile; e il fatto che Profumo abbia pigiato sull’acceleratore per certi versi è encomiabile.
D’altra parte gli stessi giornali hanno capito che per sopravvivere, oltre al quotidiano nelle edicole, hanno avuto bisogno di lanciare gli articoli sul web, facendosi pagare dai lettori per consultarli. E non solo, ma la stessa editoria incomincia a proporre con sempre più frequenza gli E-Book, considerando pure, e verificandoli sul campo, che alcuni titoli hanno superato in vendita e quindi in letture i volumi cartacei.
Che dunque nel prossimo futuro in tutte le scuole d’Italia si andrà con un solo tablet, in sostituzione di libri, quaderni e penne, non è più fantascienza, ma concreta realtà, e che quindi lezioni in classe, compiti a casa e tutto il resto che si lega alla didattica quotidiana sarà svolta tramite iPad non è da prendere sottogamba.
Il problema si incentrerà semmai sul come e con quali fondi aggiornare gli insegnanti e su quali contenuti e con quali strategie il docente potrà ancora relazionarsi con gli alunni e quindi mantenere la sua autorevolezza culturale e personale.
Snobbare dunque o giudicare sbagliata la scelta di accelerare questi processi informatici appare non coerente con la lettura e i dati conoscitivi che ogni giorno la realtà ci mostra e dove si potrebbe pure citare la scelta di alcune organizzazioni politiche che stanno puntando tutto sul web, dribblando i giornali e persino la televisione.
E alla luce di queste semplici riflessioni, impuntarsi a criticare il ministro perché si dedichi a finanziare altro (edifici, impianti, docenti, ecc.) piuttosto che tablet e computer, ci sembra ingeneroso; e proprio per non cascare nell’errore opposto fatto dal precedente governo che giudicò voluttuaria l’istruzione e la cultura (la cultura non dà da magiare, disse un Ministro) e su di essi abbatté la scure dei tagli, comprese le mura e i tetti delle domus di Pompei.
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