Dagli anni Settanta fino ad oggi, si sono susseguite leggi, documenti ministeriali, linee guida, che hanno da sempre ribadito e rafforzato il concetto del diritto all’educazione e all’istruzione di persone che presentano handicap o disabilità.
Nel testo “La buona scuola”, reso pubblico lo scorso settembre, si afferma che “Una scuola aperta è una scuola inclusiva anzitutto con coloro che hanno più difficoltà. Per questo sarà importante prestare una particolare attenzione alle politiche di sostegno ai ragazzi che presentano delle disabilità”.
Nel medesimo testo viene, inoltre, ribadita l’importanza del ruolo dell’insegnante di sostegno specializzato. Si afferma, infatti che “L’utilizzo di personale specializzato risponde al diritto dell’alunno disabile all’istruzione e alla sua crescita personale e risponde all’esigenza delle famiglie ad avere docenti formati e preparati rispetto alle singole patologie”. Nonostante i buoni propositi enunciati, la realtà dei fatti si presenta differente.
Nei confronti degli alunni con disabilità e degli insegnanti di sostegno, vengono negati alcuni diritti fondamentali:
I docenti di sostegno che possiedono il titolo di specializzazione (come i laureati in Scienze della Formazione Primaria), inseriti nelle GaE, sono inferiori rispetto al numero reale di cattedre disponibili. Ogni anno, dunque, in seguito alla nomina del provveditorato dalle GaE, le scuole devono fare i conti con un numero impressionante di posti vacanti, che vengono poi ricoperti dagli insegnanti di sostegno inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto o, addirittura, da insegnanti che hanno presentato domanda di messa a disposizione, non inseriti in alcuna graduatoria. In molte province d’Italia, addirittura avanzano posti di sostegno sulle immissioni in ruolo, perché nelle GaE non ci sono abbastanza candidati in possesso del titolo di specializzazione.
La condizione di precarietà degli insegnanti di sostegno esclusi dalle GaE, grava, ovviamente, sugli alunni disabili, ai quali viene negato il diritto ad una concreta continuità didattica: la scuola, infatti, è composta per metà da precari, che ogni anno cambiano istituto.
I supplenti, sono, però, necessari a ricoprire le migliaia di cattedre che restano vacanti ogni anno.Nel rapporto pubblicato lo scorso 3 settembre si afferma che “Anche e soprattutto per il sostegno, il continuo ricorso a supplenze non sembra aver favorito la continuità didattica e il rapporto di fiducia tra i docenti, le famiglie e questi ragazzi che hanno più degli altri bisogno di attenzioni e di insegnamenti specifici”. In quanto supplenti, gli insegnanti sono costretti a spostarsi ogni anno in istituti diversi e, di conseguenza, gli alunni sono sottoposti ad un continuo cambio di insegnante.
Il principio della continuità è stato più volte ribadito, in quanto continui cambi di insegnante destabilizzano l’alunno, creano sfiducia nei confronti degli insegnanti, provocando, dunque, un vero e proprio trauma per il bambino. È necessario sottolineare, inoltre, che al di là dell’interruzione del legame affettivo-empatico (che è fondamentale, soprattutto per i bambini di scuola dell’infanzia e primaria), questo stato di precarietà degli insegnanti di sostegno, nega agli alunni il diritto di seguire un percorso formativo pianificato e strutturato in base ai loro bisogni di sviluppo, che li coinvolga per tutta la durata del grado di scuola di riferimento. L’assenza di un corpo docente stabile di insegnanti di sostegno, rappresenta uno dei principali limiti ad un integrazione efficace e programmata.
Un ultimo punto, ma non per questo meno importante, riguarda l’insufficienza degli Organici di Sostegno. Ogni anno, con le nuove pre-iscrizioni, ogni Istituzione scolastica determina il numero degli alunni disabili in stato di handicap iscritti, valuta la gravità ed i bisogni di ogni singolo caso e chiede all’Ufficio Scolastico Regionale l’assegnazione di un numero di insegnanti di sostegno.
Nella stragrande maggioranza dei casi, le ore di sostegno riconosciute agli alunni disabili, sono inferiori rispetto a quelle stabilite nei documenti ufficiali, redatti da insegnanti, genitori ed educatori, costringendo le famiglie a fare ricorso al TAR. Questo è un evidente caso in cui, la politica dei tagli sulla scuola, è in piena contraddizione con il diritto allo studio e alle pari opportunità di tutti gli alunni. Tale diritto è stato ampiamente affermato nella legge del 4 agosto 1977, n. 517, nella quale vi si afferma che gli alunni disabili hanno diritto di andare a scuola insieme ai loro coetanei e che deve esserci un insegnante di sostegno per un numero di ore stabilite in accordo da insegnanti, genitori e staff medico.
In merito ai primi due punti, proprio in questi giorni si sta verificando una situazione di disagio per insegnanti, alunni e genitori: i docenti specializzati inseriti in GaE sono esauriti, ma, non essendo ancora pronte le graduatorie di istituto definitive, le scuole non possono nominare i docenti di sostegno inseriti in seconda fascia delle suddette graduatorie. A causa di questo ritardo nella pubblicazione delle graduatorie di istituto definitive, migliaia di alunni si ritrovano senza insegnante di sostegno, dall’inizio dell’anno scolastico e non si sa ancora per quanto. Il disagio si verifica innanzitutto per gli alunni, i quali non possono godere di attività progettate e strutturate in base alle loro esigenze, soprattutto nel momento iniziale, quello dell’inserimento scolastico che, spesso, risulta problematico e difficoltoso da affrontare.
Tale situazione comporta problemi anche ai genitori, spesso costretti a tenere i propri figli a casa, per via della mancanza dell’insegnante di sostegno, soprattutto se si tratta di bambini con difficoltà motorie, non autosufficienti e che quindi necessitano di un aiuto costante. In ultimo, è un disagio per tutti gli insegnanti di sostegno che aspettano con ansia la fatidica chiamata dalle scuole.
C’è da dire e sottolineare che se i suddetti docenti fossero inseriti nelle GaE, questo problema non sussisterebbe, le nomine sarebbero andate avanti e ad oggi la maggior parte (se non tutte) delle cattedre vacanti, sarebbero state assegnate. Soprattutto, è doveroso ripetere, sarebbero state assegnate a docenti di sostegno abilitati e specializzati.
Per ovviare a questi problemi, sarebbe opportuno che il Governo prevedesse un piano di assunzioni anche da seconda fascia delle graduatorie di istituto, soprattutto in considerazione del fatto che fino a quando verranno assunti i nuovi vincitori e idonei del concorso 2015, migliaia di supplenti di sostegno inseriti in seconda fascia, avranno alle spalle anche più di tre anni di servizio, per cui l’Italia cadrebbe nuovamente nella grave infrazione del diritto comunitario in contrasto con la direttiva europea n.70 del 1999 sul contratto a tempo determinato.
È necessario, inoltre, fare una considerazione in merito alla procedura di assunzione mediante concorso: infatti non è sicuro che venga soddisfatto il fabbisogno di docenti specializzati immessi in ruolo, in quanto, tra i vincitori e gli idonei, potrebbe esserci un numero inferiore di candidati in possesso del titolo di specializzazione, rispetto al fabbisogno reale. In tal caso si ricorrerebbe, ancora una volta, alla nomina da seconda fascia delle graduatorie di istituto.
In merito al terzo punto, a mio parere, i docenti una volta assunti a tempo indeterminato, dovrebbero rimanere almeno per tre anni nella stessa scuola, al fine di garantire il diritto di continuità agli alunni che presentano handicap o disabilità.
Anche nel testo “La buona scuola”, si parla di “Organico di sostegno stabile …perrispondere alle esigenze di garanzia dei diritti degli alunni e di miglioramento dell’organizzazione territoriale dei rapporti con le famiglie.”
Per quanto riguarda l’ultimo punto, nella Circolare Ministeriale del 18 luglio 2012, n.61 sull’adeguamento degli organici di diritto alle istituzioni di fatto, è scritto: “Si richiama la scrupolosa osservanza delle vigenti disposizioni sia per quanto concerne le modalità e le procedure di individuazione dei soggetti con disabilità, sia ai fini dell’assegnazione delle ore di sostegno. Si rammenta che la proposta relativa al numero delle ore di sostegno da attribuire a ciascun alunno disabile, è affidata al Gruppo di lavoro di cui all’art. 5, comma 2, del DPR 24 febbraio 1994”.
Allo stesso modo dobbiamo ricordare che l’art. 1 comma 605 lettera bLegge 27 dicembre 2006, n. 296 assicura che debbono essere garantite ore di sostegno sulla base “delle effettive esigenze rilevate, tramite una stretta collaborazione tra regioni, uffici scolastici regionali, aziende sanitarie locali e istituzioni scolastiche, attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi”.
La riduzione delle ore di sostegno è, dunque, un atto illegale, oltre che immorale e anticostituzionale che viola il diritto all’istruzione delle persone con disabilità affermato nella Costituzione e nella legislazione italiana e internazionale, in particolare dalla Carta dei diritti dell’uomo e del fanciullo.
Non si tratta più di tagli alla spesa pubblica, bensì di tagli inflitti al futuro dei nostri bambini e ragazzi, i quali hanno il diritto di godere delle migliori condizioni per sviluppare al meglio la propria persona nella globalità, al fine di vivere nella realtà sociale che è in continua evoluzione.
Il Governo ha il dovere di investire sulla scuola e, quindi, sulla formazione di quelli che saranno i cittadini del domani.
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