L’avamposto per eccellenza della legalità, lo sappiamo bene, è la scuola. Ed è sempre la scuola il campo della buona battaglia contro tutti i mali del mondo, primo tra tutti la violenza contro le donne. Il Governo italiano è stato chiaro: come ci ricorda IlSole24Ore, la premier Meloni ha annunciato che a partire dal prossimo anno scolastico le vittime di violenza saranno testimoni nelle scuole e la ministra della Famiglia e delle pari opportunità, Eugenia Roccella, ha aggiunto che è pronto un disegno di legge per dare maggiore efficacia al cosiddetto Codice Rosso, vale a dire alla Legge 19 luglio 2019, n. 69 che apportando modiche ai codici penale e di procedura penale, introduceva disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.
Intervistata qualche giorno fa da Bruno Vespa, la Presidente Meloni ha dichiarato che è sì importante implementare il Codice Rosso, ma che l’azione più utile per prevenire questi atti di violenza particolarmente odiosi che spezzano così tante vite di donne è, senza dubbio, quella educativa.
“Il 25 novembre, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne” – ha detto testualmente la premier – “a me piacerebbe portare nelle scuole le vittime, quelle rimaste in vita ovviamente, o i parenti di quelle che non ci sono più, a raccontare le loro vicende”.
Una cosa è citare numeri e percentuali, ha continuato Meloni, ma niente è più educativo che trovarsi di fronte una persona in carne e ossa che racconta la sua storia drammatica guardandoti negli occhi.
L’idea della nostra Presidente del Consiglio è certamente condivisibile ed encomiabile, se non fosse che le scuole – da tempo – operano già in tal senso e non solo il 25 novembre. Non si contano gli Istituti, da Nord a Sud, che non prevedano azioni educative, progetti, incontri e testimonianze sul tema della violenza contro le donne. Lo ricorda anche IlSole24Ore quando cita Lucia Annibali, che 10 anni fa venne sfregiata con l’acido da due uomini mandati dal suo ex fidanzato.
Da allora l’avvocatessa di Urbino si confronta con gli studenti in un’ottica di prevenzione, per trasmettere un messaggio chiaro e forte: la violenza non è poi così lontana da loro, a volte si nasconde dietro l’angolo. Dietro un atteggiamento scomposto, uno scherzo sopra le righe, un insulto, uno schiaffetto dato così, “per scherzo”. Alle ragazze il compito di rilevare, identificare e smascherare il gesto che contiene una violenza potenziale che, prima o poi, esploderà. Per i ragazzi, un lento percorso di educazione sentimentale che vada a scardinare tutta una serie di idee, modelli e atteggiamenti ereditati e respirati fin dall’infanzia.
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