La vita, l’Arcigay e gli insegnanti

Con la scusa di essere attenti alle idee in circolazione si è tentati di far girare tra i banchi della scuola opuscoli o volantini che propagandano come atteggiamento condivisibile quanto affermato dalla cosiddetta “ideologia del gender” o ancora più sottilmente avvalorare e sostenere il dibattito sugli “stereotipi di genere”.

Si tratta in realtà di una nuova filosofia della sessualità: “il sesso, secondo tale filosofia, non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi… l’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano. nega la propria natura e decide che essa non gli è dato come fatto precostituito, ma è lui stesso a crearsela” (dal Discorso di Benedetto XVI alla Curia Romana del 21 dicembre 2012).

L’ideologia di genere, aggiungono i vescovi polacchi “nella sua forma più radicale, considera il sesso biologico come una sorta di violenza contro la natura umana dalla quale l’uomo dovrebbe liberarsi, ma “il rischio di ideologia di genere deriva essenzialmente dalla natura profondamente distruttiva sia contro la persona che contro le relazioni interpersonali, e quindi tutta la vita sociale”.

I vescovi del Triveneto nella loro Nota su alcune urgenti questioni di carattere antropologico ed educativo dicono: “sosteniamo e incoraggiamo l’impegno e lo sforzo di quanti e a vari livelli e su più ambiti, affrontano ogni giorno, anche nel contesto pubblico e nella prospettiva di una vera e positiva laicità, tutte le più importanti questioni antropologiche ed educative del nostro tempo e che segnatamente riguardano: la difesa della vita, dal concepimento al suo naturale spegnersi, la famiglia, il matrimonio e la differenza sessuale, la libertà religiosa e di educazione.”

Che qualche insegnante di religione cattolica non si sia reso conto della gravità delle idee in circolazione è possibile, che non sia perfettamente aggiornato su tale problematica e abbia preso sotto gamba il pericolo di opuscoli o altro non è certo accettabile, specie se la cosa è stata discussa in consiglio docenti o di classe, ma mi sembra insostenibile parlare di condivisione – cosa questa che potrebbe anche motivare da parte dell’ordinario diocesano le revoca della idoneità.

Detto questo insinuare l’idea che l’insegnamento della religione sia una traversata senza venti contrari è una convinzione che solo chi è digiuno di realtà scolastica può affermare. Chi ha mani in pasta sa quante volte l’IdR deve intervenire per rettificare e chiamare per nome proprio affermazioni fatte in ambito di insegnamento di scienze che presentano teorie come dati perfettamente dimostrati o, in altri ambiti, fatti storici travisati da una ideologia laicista e riguardanti la storia della Chiesa o della storia civile.

Il docente di religione cattolica sa di essere uno dei docenti e non certo “l’unico responsabile del cammino educativo della scuola”, ha però o meglio deve avere la consapevolezza di essere testimone e trasmettitore di una proposta educativa che punta al bene integrale dell’uomo e contribuisce in modo decisivo al bene comune e alla promessa di un buon futuro per tutti”; è per questo che “pur in un contesto di diffusa secolarizzazione” rivendica il diritto di parlare e contribuire alla formazione della persona che ha una sua dignità indipendente da qualsiasi istituzione umana. 

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