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L’abbecedario dell’autonomia scolastica: un libro intonso

In questi giorni si discute dell’autonomia differenziata e dei suoi riflessi sulla gestione delle scuole. Si focalizzano solo gli aspetti strumentali: la natura dell’autonomia non è considerata.

Eppure il dettato del DPR è inequivocabile: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche … si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana .. al fine di garantire il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento”.

Ne discende che per “autonomia” è da intendersi la facoltà delle istituzioni scolastiche di autodeterminarsi in campo formativo, educativo e dell’istruzione.

Le scuole sono viste come delle scatole nere: gli INPUT e gli OUTPUT sono i soli elementi che le caratterizzano.

Le scelte gestionali non sono da valutare ma, per gli standard di qualità, devono essere assunte in conformità alle norme.

 

INPUT: le “finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione”, da esprimere sotto forma di competenze generali (Saper sostenere una propria tesi e saper ascoltare e valutare criticamente le argomentazioni altrui; saper utilizzare strumenti di calcolo e di rappresentazione per la modellizzazione e la risoluzione di problemi; padroneggiandone le procedure e i metodi di indagine propri dei diversi campi disciplinari …).

  • La legge 107/2015 ha elencato gli “obiettivi formativi prioritari”: più della metà è sbagliata. L’autonomia scolastica è stata, perciò, ostacolata.
  • Il ministro Miur Marco Busseti, parlando dell’autonomia differenziata, ha affermato che “I programmi e gli ordinamenti restano allo Stato”; “Non smetteremo di fare ciò che facciamo adesso”. Evidente l’assenza della cultura sistemica.

 

OUTPUT: livello di formazione conseguito al termine dell’itinerario scolastico che, comparto con i risultati attesi, esprime l’efficacia del servizio.

– L’Invalsi ha il compito di misurare gli esiti scolastici; le difficoltà che ha incontrato derivano dalla nebulosità che avvolge la definizione dell’input. Per tal motivo è percepito come un’entità estranea, con finalità, metodologie e strumentazioni senza attinenza con l’ordinaria attività delle scuole.

 

STANDARD DI QUALITA’: la certificazione della qualità esamina la conformità delle procedure rispetto alla normativa.

Nel caso in esame si deve determinare, all’interno del sistema normativo, il significato di formazione, educazione, istruzione.

La struttura organizzativa, disegnata nel TU 297/94, fornisce la chiave interpretativa:

  • il Consiglio di Circolo/d’Istituto è l’organo strategico, approvando il Piano Triennale dell’Offerta Formativa adotta gli indirizzi generali, da esprimere con l’elencazione delle competenze generali di fine percorso;
  • Il Collegio dei Docenti è responsabile della “programmazione dell’azione educativa”: progetta itinerari per potenziare le capacità sottese alle competenze generali individuate dal Consiglio;
  • Il Consiglio di classe identifica i traguardi cui far convergere tutti gli insegnamenti e progetta percorsi d’istruzione.

La certificazione della qualità, nelle scuole e con il beneplacito del Miur, non è desunta dalle norme: la relativa documentazione rileva l’ordinario, il consolidato, il tradizionale tran-tran scolastico.

Essa appare come una formale enunciazione di atti e procedure, secondari rispetto al servizio che deve essere fornito.

Enrico Maranzana

 

 

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