Partendo dal motto “No merito, solo condivisione e good vibes”, un gruppo di studenti e studentesse dell’Università di Milano-Bicocca ha realizzato un progetto innovativo, che ha introdotto da qualche settimana il laboratorio di uncinetto e di maglia aperto a tutti, anche ai meno esperti. A frequentarlo sono attualmente una trentina di persone.
L’idea di creare il laboratorio è nata dagli allievi e le allieve dell’ateneo milanese, che hanno in questo modo inteso creare uno spazio nel quale trovarsi in compagnia, per realizzare lavori individuali e collettivi. Uno degli aspetti salienti del progetto è infatti proprio quello di condividere, in un ambiente sicuro e conviviale, tecniche di lavoro, idee e promuovere la creatività e dove si possano vivere le proprie passioni, parallelamente allo studio.
Secondo numerosi studi scientifici la knitting therapy è una sorta di trattamento per distrarre il malato dal dolore, viene quindi usata in molti casi per favorire il benessere del cervello. Se ne parla da tempo infatti e sono una decina gli ospedali da nord a sud, da Milano a Messina, passando per Latina, Terni e Bologna dove è attivata la knitting therapy e un network – una community ribattezzata “Il filo che unisce” (https://www.gomitolorosa.org/il-filo-che-unisce/) – che registra la partecipazione di oltre 1500 persone su tutto il territorio nazionale, per un totale di 150 gruppi diversi di lavoro.
Inoltre, lavorare a maglia o a uncinetto è anche un’occasione per socializzare che raccoglie molti appassionati. Tra i più noti il tuffatore britannico Tom Daley, che sul suo profilo Instagram ha ammesso di avere fatto pace con il fatto di essere ricordato più per aver sferruzzato sugli spalti delle Olimpiadi di Tokyo 2021 che per aver conquistato la medaglia d’oro. Il tuffatore ha un profilo social nel quale spiega tecniche e idee per il lavoro a maglia.
Nelle intenzioni delle studentesse e degli studenti promotori del laboratorio della Bicocca, sin dall’inizio, c’era appunto quello di creare uno spazio nel quale collaborare e aiutarsi a vicenda, ma soprattutto un luogo senza performatività, contro un’idea diffusa di università e di luoghi della formazione che puntano troppo sulla competitività. L’iniziativa ha tra gli altri obiettivi quello di trasformare l’ambiente universitario, tradizionalmente centrato sullo studio passivo, in uno spazio di socialità aperto a tutti.
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