Non so se qualcuno al Ministero si sia messo nei panni di un docente precario alle prese con l’indicazione delle scuole ai fini dell’assegnazione delle supplenze.
Ciò che attende il nostro docente è un vero e proprio percorso minato, nel quale anche il più esperto potrebbe inciampare.
A prima vista, sembrerebbe facile, trattandosi semplicemente di indicare le scuole in stretto ordine di preferenza.
I tranelli sono però tanti.
Per fare un esempio, l’assegnazione delle supplenze avviene non sulla base delle effettive disponibilità, ma in base alle disponibilità registrate dall’ufficio scolastico territorialmente competente, “al proprio turno di nomina”
Potrebbe accaderedunque che una cattedra sia vacante, ma che per qualche disguido non sia stata registrata dall’ufficio scolastico; quella cattedra sarà assegnata in un altro “turno di nomina” ad un docente collocato in graduatoria in posizione deteriore.
Se indico tutte le scuole, rischio di essere assegnato anche ad una scuola molto lontana dal mio domicilio; però, se non le indico tutte, qualora “in quel turno di nomina” non dovesse comparire nessuna delle sedi richieste, sarò considerato rinunciatario.
E qui la norma è sibillina.
L’art. 12, comma 3 dell’O.M. n. 112 afferma che “costituisce rinuncia, limitatamente alle preferenze non espresse, la mancata indicazione di talune sedi/classi di concorso/tipologie di posto”.
Dunque, secondo la norma avrei rinunciato soltanto alle sedi che non ho indicato.
Però, sempre la stessa Ordinanza (sembrerebbe quasi che sia stata scritta da due persone diverse) aggiunge: “ne consegue la mancata assegnazione dell’incarico a tempo determinato dalle graduatorie per le quali sia risultato in turno di nomina per l’anno scolastico di riferimento.
In pratica, secondo l’ordinanza, non avrei rinunciato solo alle sedi che non ho indicato, ma anche alle sedi che ho indicato, solo perché “in quel turno di nomina” quelle sedi non erano disponibili (o sono state assegnate ad un docente con maggior punteggio).
Infatti, “Le disponibilità successive che si determinano, anche per effetto di rinuncia, sono oggetto di ulteriori fasi di attribuzione di supplenze nei riguardi degli aspiranti collocati in posizione di graduatoria successiva rispetto all’ultimo dei candidati trattato dalla procedura,
Dunque, se dovessero venir fuori ulteriori cattedre (e persino nel caso in cui l’Ufficio abbia dimenticato di “registrare” la cattedra cui aspiravo), l’algoritmo le assegnerà a partire dall’ultimo candidato cui è stata assegnata la supplenza, saltando così i docenti rimasti a bocca asciutta perché al loro turno la cattedra non c’era.
E qui il percorso ad ostacoli diventa ancora più difficile.
Secondo l’Ordinanza, “l’aspirante cui è conferita una supplenza a orario non intero in caso di assenza di posti interi” conserva titolo “a conseguire il completamento d’orario”, ma solo tramite altre supplenze a orario non intero.
Dunque, solo se ci sono altri spezzoni, senza possibilità di dividere una cattedra completa (e qui si potrebbe obiettare che -secondo l’art. 40, comma 6 del CCNL 2006/09- il diritto al completamento non prevede tale limitazione).
Inoltre, se è stata conferita una supplenza a orario non intero pur in presenza di disponibilità di posti interi, il docente non ha titolo a conseguire alcun tipo di completamento d’orario.
La sanzione (per una colpa che non si ha) è alquanto pesante: il docente si dovrà accontentare dello spezzone, senza alcun diritto al completamento.
Ma come può un docente sapere in anticipo –al momento della compilazione della domanda- non solo se ci sono o meno degli spezzoni, ma anche se in quel turno di nomina ci saranno anche dei “posti interi”?
In questo caso, se al mio turno di nomina sono rimasti solo degli spezzoni, sarò considerato rinunciatario e l’algoritmo andrà avanti, lasciandomi a bocca asciutta.
Come si vede, l’assegnazione delle supplenze avviene sulla base di elementi così aleatori che – per compilare adeguatamente la domanda- più che l’aiuto del sindacato o di un esperto sarebbe opportuno rivolgersi ad un indovino o a una fattucchiera.
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